In
visita ad Assisi mercoledì 3 febbraio Piero Terracina, ebreo sopravvissuto ad
Auschwitz, dopo aver visitato il Museo della Memoria ha raccontato la sua
terribile esperienza di deportato durante le persecuzioni razziali. La
testimonianza ha avuto luogo nella sala della Spogliazione alla presenza del
vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino monsignor
Domenico Sorrentino, del sindaco Antonio Lunghi e degli studenti della scuola
media di Santa Maria degli Angeli e del liceo classico Properzio di Assisi. Una
vicenda struggente raccontata tutta di un getto dal suo protagonista per non
dimenticare quei terribili anni che hanno segnato un triste capitolo della
nostra storia. Terracina ha ripercorso tutti i momenti tragici della sua vita:
dall’arresto nel nascondiglio di Roma alla deportazione ad Auschwitz, dalla
liberazione da parte dei sovietici al ritorno in Italia. Diversi i momenti
toccanti della vicenda di Terracina che ha raccontato con dovizia di
particolari anche il viaggio di andata: “duemila chilometri – ha sottolineato
l’ultraottantenne – per andare a morire, in 64 accatastati in un vagone dove
non c’era spazio neanche per stare seduti, costretti a fare i nostri bisogni in
un secchio che a sera traboccava”. Percepibile nelle parole di Terracina il
dolore di chi ha vissuto una tragedia inverosimile che ha segnato la sua vita e
che ora sente il dovere di raccontare agli altri perché “qualcosa di questa
giornata resti. La memoria è come un filo che passa attraverso le generazioni;
è proiettata al futuro. Sappiate tramandarla al futuro perché il futuro
appartiene a voi. Ho modo di sperare che il passato non torni e che la
conoscenza possa servire perché il passato non si ripeta. Questa ormai è la mia
missione”. Nonostante la disperazione e il dolore vissuti, anche per la perdita
di tutti i suoi cari di cui non ha avuto più notizie dalla deportazione,
Terracina ha messo in evidenza tre sentimenti che hanno segnato il suo reinserimento
sociale: l’amicizia dopo le leggi razziali e nel lager, la solidarietà di
quanti lo hanno aiutato dopo la liberazione e la libertà di cui tutti devono
godere. “Cari ragazzi – ha detto – non fatevi attrarre da falsi idoli.
Ragionate sempre con la vostra testa e sappiate dire no al male verso l’altro”.
Tante le domande degli studenti che sono rimasti profondamente commossi dalla
sua storia di deportato e rimasti senza parole quando Terracina gli ha mostrato
il marchio sul braccio “A5506” con cui è iniziata la sua seconda vita
Auschwitz. “Da quel momento non ho avuto più un nome, ero solo un numero”. Il
vescovo Sorrentino è poi intervenuto ringraziando Terracina per questa sua
“testimonianza, ospitata in un luogo di accoglienza dove monsignor Placido
Nicolini ha abbracciato tanti ebrei salvandoli dal loro triste destino. E’
importante guardare il passato per evitare che quanto accaduto non accada nel
futuro. Per adottare le misure giuste nel futuro dobbiamo avere una bussola di
orientamento – ha aggiunto il presule –. Venire in questa Sala significa
misurarsi con dei criteri. In questa Sala san Francesco non è stato spogliato
in maniera barbara, si è spogliato da sé per dire ‘io vivo una vita di dono per
amare’. Se ci mettessimo tutti sulle sue orme, che si è messo su quelle di Gesù
non sarebbero successe queste cose ne succederebbe ciò che sta accadendo oggi.
Come si costruisce la pace – ha esclamato monsignor Sorrentino – se non si è
anche capaci, per grazia, di stendere il velo del perdono!”. Il vescovo ha poi
donato a Piero Terracina alcuni libri tra cui il suo ultimo scritto “Laudato
Si’. Dal cantico di frate Sole all’Enciclica di Papa Francesco”; mentre il
sindaco gli ha consegnato la spilla della città di Assisi e i ragazzi lo hanno
circondato di affetto chiedendogli autografi, facendo foto e ringraziandolo per
la toccante testimonianza.
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