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  24/11/2015 22:42


Celebrata dal cardinale Gualtiero Bassetti la festa di Santa Cecilia nella basilica romana di cui e’ titolare: «La sofferenza e la persecuzione saranno sempre compagne di viaggio del credente, in ogni tempo… davanti ai nostri sguardi si aprono scenari di guerre e devastazioni, cui sembra non esserci rimedio»



Lo scorso 23 novembre il cardinale Gualtiero Bassetti ha presieduto la celebrazione eucaristica nella basilica di Santa Cecilia in Roma, di cui è titolare, in occasione della festa della martire (22 novembre), trasferita quest’anno al giorno successivo, in quanto cadeva di domenica. Al sacro rito hanno preso parte i vescovi mons. Guerino Di Tora e mons. Paolo Giulietti; il rettore della basilica mons. Marco Frisina, numerosi sacerdoti, la comunità monastica delle Benedettine di Santa Cecilia,  molti fedeli romani e una delegazione dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve. I canti liturgici sono stati eseguiti della Cappella Musicale Pontificia “Sistina”. Il cardinale Bassetti ha tenuto la seguente omelia:

Cari Fratelli e Sorelle, è con viva emozione e gioia grande che presiedo stasera la santa eucaristia in questa insigne basilica, nella solennità della vergine e martire santa Cecilia. All’inizio della celebrazione, m'è caro salutare con affetto i vescovi presenti: S. E. Mons. Guerino Di Tora, ausiliare di Roma, S. E. Mons. Paolo Giulietti ausiliare di Perugia-Città della Pieve. Saluto e ringrazio con particolare affetto Mons. Marco Frisina, rettore di questa basilica, i Sacerdoti, le Autorità, le monache di Santa Cecilia e tutto il popolo di Dio qui convenuto. Uno speciale saluto e ringraziamento va alla Cappella Musicale Pontificia “Sistina” che accompagnerà il sacro rito con il canto liturgico. Un affettuoso saluto desidero dedicare ai nuovi “Pueri Cantores”, che stasera verranno ammessi come cantori nella Cappella Musicale.

Fratelli e Figli Carissimi, mentre si sta concludendo l’Anno Liturgico, la Parola di Dio per la solennità di Santa Cecilia ci fa riflettere sull’incontro con il Signore della gloria, lo Sposo fedele della Chiesa, Colui che fa nuove tutte le cose!

Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. L'esortazione del Vangelo di Matteo, contenuta nella parabola delle vergini sagge e stolte, risuona ancor oggi per ogni cristiano che vuole condividere la sua vita con quella di Gesù e immedesimarsi sempre più nel modello perfetto di uomo che è il Figlio di Dio.

Fin dall’antichità, i profeti del popolo d’Israele avevano descritto la passione del Signore Dio verso le sue creature con accenti tipici dell’amore sponsale. “Ecco, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore”. Il linguaggio tipicamente amoroso della prima lettura, tratta dal profeta Osea, descrive, in modo meraviglioso, i sentimenti tipicamente umani di un Dio che vuole essere accanto al suo popolo, per consolarlo, proteggerlo e trarlo a Sé, come uno sposo con la sua sposa. Ma è con la parabola delle vergini sagge e stolte che il Signore lascia intravedere tutto l'amore che ha per noi, suo popolo, e per i suoi fedeli di ogni tempo. Le letture offrono perciò il paradigma perfetto dei sentimenti che devono unire ogni credente con Gesù. Si tratta di un rapporto tipicamente sponsale: tenero, sincero, anche delicato, ma forte, più forte persino della morte. D'altra parte, l'amore del Signore per il suo popolo è esigente ed esclusivo; la sua dolcezza arriva al cuore dell'uomo e lo consola; ma è anche un amore che richiede responsabilità e che non può essere delegato.

Ognuno di noi deve possedere quell'olio della carità che brucia e illumina la vita. Se l'olio viene meno, occorre tornarne in possesso, poiché non possiamo averlo in prestito né offrirlo ad altri. Come insegna il grande padre della Chiesa sant’Agostino, nell'immagine delle vergini sagge e stolte scorgiamo il volto dell'intera umanità in cammino verso la dimora dello Sposo per il grande banchetto finale. Per molti l'olio della lampada è finito anzi tempo e non vedono più la strada. Inutile chiedere soccorso agli altri viandanti perché non possono cederne del loro, pena il buio per tutti. La parabola, dunque, ci insegna quanto sia importante non trovarsi impreparati all'incontro con il Signore; ci esorta a risollevarci dal sonno di una quotidianità scialba, per vivere in pienezza. Il dovere di ogni uomo e di ogni donna che anelano alla vita di grazia è far fruttificare nel bene i propri talenti, specialmente mettendoli a servizio dei più deboli e poveri, è così che la lampada della fede si alimenta con quell'olio prezioso che sono le opere dell'amore.

Quando la nostra vita è ricolma di quest'olio che bruciando illumina, noi possiamo star sicuri che l'amore di Dio abita in noi, quell'amore che ci è stato dimostrato con il sacrificio del Figlio diletto. E nessuno mai, come proclama san Paolo, potrà separarci dall’amore di Dio. "Io sono infatti persuaso - dice l'Apostolo - che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore".

L'assoluta certezza che nessuno mai potrà strapparci da questo amore divino non è però garanzia di vita armoniosa e tranquilla.

Afferma ancora san Paolo che a motivo della fede nel Signore: “siamo messi a morte tutto il giorno, siamo considerati come pecore da macello”. La sofferenza e la persecuzione saranno sempre compagne di viaggio del credente, in ogni tempo. Così è stato per la martire Cecilia, sgozzata, come un agnello sacrificale! Così è stato per tanti cristiani e continua ad esserlo per molti fratelli nella fede, in varie parti del mondo. Proprio in questi tristi giorni stiamo assistendo ad uno stillicidio di uccisioni spietate e pianificate, messe in atto da chi crede di risolvere ogni dramma umano con la forza e la violenza. Un terrore diffuso sta invadendo le nostre città; non ci sentiamo più sicuri e ci chiediamo dove può arrivare il cuore umano quando è ricolmo soltanto di odio e di sete di vendetta. Davanti ai nostri sguardi si aprono scenari di guerre e devastazioni, cui sembra non esserci rimedio. Questioni politiche si intrecciano inesorabilmente con quelle etniche e religiose, in un groviglio quasi impossibile da dipanare. Tale fenomeno – come ha detto più volte il Santo Padre Francesco: “è conseguenza della cultura dello scarto applicata a Dio. Il fondamentalismo religioso, infatti, prima ancora di scartare gli esseri umani perpetrando orrendi massacri, rifiuta Dio stesso, relegandolo a un mero pretesto ideologico”.

Dove trovare la forza e le motivazioni profonde per resistere alla paura e all’odio dilagante? Senz’altro nell’amore, nella forza di quell’amore divino che il Signore Gesù è venuto a portarci. Ce lo ricorda san Paolo: “Di fronte a queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati”! L’amore di Dio ci dona il coraggio e la grazia per affrontare le sfide della vita, anche quelle più difficili. Talvolta infatti può essere drammatico anche il solo dichiararsi cristiano e tale scelta di libertà è pagata, ancor oggi, da molti, con la morte. La giovane martire Cecilia rivive ancora, con la sua passione, in tante giovani donne del Medio Oriente offese nella loro dignità e uccise solo perché si sono sentite libere di non sottostare al sopruso, senza più speranza e dignità. A noi, forse, non verrà chiesto tanto, ma ciò non ci esime dal dovere di alimentare continuamente quella lampada di carità, che risplende non solo per la nostra vita, ma può illuminare anche l’esistenza di molte altre persone, che brancolano nel buio dell’apatia e del non senso, che non hanno conosciuto l’amore di Dio e la bellezza della fede cristiana. “Signore, signore, aprici!” è il grido delle stolte vergini della parabola: sarà il grido di chi si accorgerà troppo tardi di esser rimasto fuori dal banchetto nuziale, con la terribile sentenza: “In verità io vi dico: non vi conosco!”. Il Signore, come lo sposo delle nozze, non potrà riconoscerci se la lampada si sarà spenta. Non saranno la spada, le guerre e le potenze del cielo a separarci dall’amore di Dio, dal banchetto eterno, ma soltanto la nostra libera scelta. Chiediamo al Signore, per intercessione di santa Cecilia, di vivere sempre nell’amore e così di essere sempre pronti per quel giorno di festa. Amen!” 




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