La
convivenza e la collaborazione, messa in atto per tanti anni tra la
proprietà, i manager della ThyssenKrupp e i lavoratori, i quadri
dell’AST di Terni, hanno prodotto nel tempo ricchezza, benessere e
benefici di varia natura a tutti i protagonisti di un progetto di
produzione creativo, ormai noto in tutto il mondo.
Ora,
dopo 130 anni di vita delle Acciaierie Speciali di Terni, sembra che
si voglia porre fine ad un’IMPRESA, da tutti ritenuta un modello di
produzione completa e strategica per l’Italia.
La
conseguenza drammatica sarà che migliaia di persone con le loro
famiglie, una città intera e, diciamolo pure, l’intera Nazione
vedrà spegnersi una stella di riferimento, svanire un sogno,
smarrire la speranza. La perdita del posto di lavoro, con il dramma
della disoccupazione per centinaia di famiglie, sarà la cifra
pesante e la drammatica conseguenza che deriverà dallo spegnimento
dell’interruttore dell’AST, da parte di chi ne ha il potere
economico e decisionale.
Qualcuno
potrebbe obiettare: cosa capisce un vescovo di dinamiche e
processi industriali ed economici? Questi hanno per natura un
inizio, uno sviluppo e purtroppo anche una fine, quando non
rispondono alle esigenze del mercato.
E’
vero, il vescovo che scrive non è esperto di tali processi e le sue
valutazioni potrebbero essere anche imprecise. Ma qualche
considerazione, da osservatore esterno e da confidente di persone,
specie lavoratori, famiglie e giovani, credo gli debba essere
concessa.
1.
I proprietari delle AST - la ThyssenKrupp - sono tedeschi, certamente
abituati a condurre grandi aziende in Germania con competenza,
successo e sviluppo. Mi chiedo come mai l’AST, che pure è stata
considerata fiore all’occhiello dell’industria dell’acciaio,
sia giunta ad una condizione tale da non potersi prevedere un piano
di rilancio, ma solo di dismissioni? Quali le cause di tale stato di
disimpegno? E’ imperizia di chi ha avuto il timone in mano o di
maestranze distratte o incompetenti? L’impressione è che alla fine
le conseguenze e i costi ricadano prevalentemente sui lavoratori e le
loro famiglie. E ciò non è corretto, né tanto meno giusto, neanche
in un’economia di mercato.
2.
Fiore all’occhiello delle relazioni industriali nella Germania,
soprattutto dalla seconda metà del Novecento, è una “relazione”,
che ha prodotto successo per le imprese, ricchezza e benessere
condiviso tra imprenditori e maestranze. Si tratta della
Mitbestimmung. E’ una parola che nella traduzione italiana
assume una pluralità di significati, che mirano a promuovere
l’azienda e la dignità d’imprenditori e lavoratori.
Partecipazione.
E’ il significato più leggero, che però richiama tutte le
componenti ad interessarsi dell’azienda come cosa propria, a
promuoverne, nella lealtà e responsabilità, lo sviluppo e a
partecipare dei benefici, anche economici.
Cogestione.
E’ l’aspetto che porta tutti a sentirsi attori delle strategie
industriali e aziendali condivise per il superamento delle difficoltà
e per il benessere delle persone, del progetto e dei profitti.
Codeterminazione.
E’ il ritrovarsi intorno ad un tavolo, imprenditori, quadri e
maestranze, per decidere insieme le strategie di sviluppo, i piani
industriali, l’ampliamento e il ridimensionamento e il
riorientamento dell’impresa.
E’
pur vero che in Italia le relazioni sindacali sono improntate
prevalentemente ad altri modelli, ma da una grande industria tedesca
ci si aspetterebbe che almeno lo spirito della Mitbestimmung
venisse colto e promosso. Ciò che è mancato nel “piano
industriale” presentato dalla ThyssenKrupp è quel “mit” (=
“insieme”), che nella lingua tedesca esprime incontro,
partecipazione, socialità, fraternità, famiglia, squadra.
Prima
che sia troppo tardi, è ancora possibile cercare “insieme”
soluzioni orientate allo sviluppo dell’AST, ritenuto auspicabile e
ancora avverabile.
Proprietà,
Governo, lavoratori si lascino orientare dallo spirito di quel “mit”,
sul quale si è fondato e sviluppato tanto benessere sociale e civile
nella Repubblica Federale Tedesca e nei luoghi dove si è lealmente
applicato.
Padre Giuseppe Piemontese
Vescovo Terni Narni Amelia