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  13/07/2014 20:24


Città di Castello: solenne concelebrazione eucaristica dell’ordinazione episcopale di mons. Nazzareno Marconi, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia. Il cardinale Gualtiero Bassetti nell’omelia: «carissimo Nazzareno getterai le tue reti in mezzo ad un popolo ben disposto, da secoli geloso custode di antiche tradizioni religiose…»



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La Chiesa dell’Umbria, rappresentata dai suoi vescovi e da numerosi sacerdoti e fedeli laici provenienti della sue otto Diocesi, ha condiviso la gioiosa solenne  concelebrazione eucaristica dell’ordinazione episcopale di mons. Nazzareno Marconi, figlio della Chiesa di Città di Castello, che il prossimo 27 luglio prenderà possesso canonico della Diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, affidatagli da papa Francesco lo scorso 3 giugno. Domenica 13 luglio, nelle gremite due basiliche (superiore ed inferiore) che compongono il complesso della cattedrale di Città di Castello, si è svolta questa solenne concelebrazione presieduta dal cardinale arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, con vescovi consacranti mons. Domenico Cancian di Città di Castello e mons. Claudio Giuliodori, amministratore apostolico della Diocesi di Macerata nonché predecessore di mons. Marconi. Al sacro rito hanno partecipato ventotto arcivescovi e vescovi, oltre il cardinale di Firenze Giuseppe Betori e i presuli delle Conferenze episcopali regionali umbra e marchigiana. Ben centocinquanta sono stati i sacerdoti e i religiosi che hanno preso parte alla concelebrazione, amici di lunga data di mons. Marconi, che per otto anni (2004-2012) è stato rettore del Pontificio Seminario Regionale Umbro “Pio XI”, biblista noto un po’ in tutt’Italia anche per essere stato consulente religioso e biblico per diverse produzioni cinematografiche e multimediali della RAI.

Come ha evidenziato con voce commossa mons. Domenico Cancian, all’inizio della solenne concelebrazione, dopo sessanta anni la Diocesi di Città di Castello dona alla Chiesa universale un nuovo vescovo. Nel secolo scorso sono stati cinque i figli della Chiesa tifernate a diventare vescovi: Bonaventura Porta, Agostino Mancinelli, Pietro Fiordelli, Sergio Goretti e Ivo Baldi. Anche per questo è stata, come ha sempre sottolineato mons. Cancian, una grande festa del popolo di Dio l’elezione di don Nazzareno,  amato e stimato sacerdote. Sensibile agli ultimi, ai più deboli, non poteva non essere accolta l’indicazione di mons. Marconi di devolvere tutte le offerte raccolte durante la celebrazione alle necessità della Chiesa e per la Caritas. A rendere ancor più gioiosa questa festa di popolo nella cattedrale di Città di Castello sono state la Schola Cantorum “Abbatini” della basilica cattedrale, la Corale “Alboni” di Città di Castello e la  Schola Cantorum “Medici” di Trestina, che hanno eseguito brani musicali composti per l’occasione dai maestri mons. Marco Frisina e Marcello Marini. Per la prima volta è stata eseguita la Messa Ottava a 4 voci di mons. Marco Frisina, direttore del Coro della Diocesi di Roma, amico di mons. Marconi con cui ha condiviso il percorso formativo, parte del servizio pastorale e numerose esperienze di produzioni televisive.

Il cardinale Bassetti, nella sua omelia (il cui testo integrale è consultabile nel “primo piano” del sito www.chiesainumbria.it, ha parlato della «Provvidenza di Dio», che «attraverso la volontà della Chiesa e di Papa Francesco, ha voluto affidare alle cure pastorali del nostro carissimo mons. Nazzareno Marconi la guida della Diocesi di Macerata (finora retta dal carissimo Mons Claudio Giuliodori), che nei secoli ha allargato i suoi confini assommando anche le antiche sedi vescovili di Tolentino, Recanati, Cingoli e Treia. Comunità che hanno conservato una fede limpida e genuina, trasmessa di generazione in generazione, fin dagli albori dell’era cristiana. Si tratta di una terra benedetta da Dio, che ha dato alla Chiesa, attraverso i secoli, fulgidi testimoni del Vangelo».

«La tua Chiesa madre di Città di Castello, soprattutto nella persona del vescovo mons. Domenico Cancian – ha sottolineato il cardinale –, ti è grata per i molteplici servizi resi in vari settori della pastorale e per l’impegno profuso, a volte con vero sacrificio, nelle parrocchie che hai servito. Così pure le Chiese umbre ti sono riconoscenti per gli anni trascorsi al Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Assisi con la responsabilità di rettore. È stato un tempo di proficuo lavoro e di intensa opera educativa a vantaggio dei giovani incamminati verso il sacerdozio. Tanta gratitudine ti esprimono anche i tuoi allievi dell’Istituto Teologico di Assisi, dove hai  fatto crescere l’interesse verso le Sacre Scritture, da te scrutate e spiegate con sapienza e amore».

«Cari fratelli e sorelle, in questa solenne celebrazione, è la stessa Parola di Dio – ha proseguito il presule –, che abbiamo ascoltato dalle letture, ad essere protagonista. È davvero un bel dono, caro don Nazzareno, che la tua ordinazione episcopale sia posta sotto la luce della centralità di quella Parola. Ne sottolinea l’efficacia la bellissima similitudine di Isaia, della pioggia e della neve: Dio non parla mai a vuoto, o meglio, le sue parole non sono mai vuote, perché il Suo “parlare” non va inteso in senso umano. La Sua Parola agisce ed è capace, proprio come l’acqua che penetra la terra, di dare e ridare vita. La parabola del seminatore insegna che la Parola di Dio è simile, anzi “è” quel seme sparso largamente, senza risparmio, che può incontrare terreni buoni o, purtroppo, refrattari: ci sono infatti settori della vita del mondo e zone del cuore di ciascuno di noi che si chiudono alla bellezza dell’amore di Dio. Sì, fratelli e sorelle, la Chiesa esiste per continuare la missione del seminatore, che è Gesù. Abbiamo il buon seme, la parola del Vangelo, che non si esaurirà; ma dobbiamo seminarlo con coraggio, perseveranza, fiducia. C’è un’altra importante condizione: occorre uscire fuori, come Gesù, che - nota l’evangelista Matteo - “uscì di casa” per andare incontro alle folle, e come il seminatore della parabola, che “uscì per seminare”, e come dice Papa Francesco: “Chiesa in uscita”».

«Nel cammino di speranza della Chiesa universale, che grazie al ministero dei Pontefici, e oggi di Papa Francesco – evidenzia ancora il cardinale Bassetti –, è continuamente chiamata a riscoprire la gioia del seme, ossia dell’evangelizzazione e della sua vocazione missionaria, è importante accogliere il nuovo vescovo con questa consapevolezza. Egli è chiamato a guidare la sua Chiesa “in uscita missionaria”, verso le periferie materiali ed esistenziali, a prescindere da ogni considerazione sul fatto che esse siano fertili o refrattarie al Vangelo. Tu semina caro don Nazzareno. Non è missionaria quella comunità cristiana che, prima di “uscire”, si chiede se coloro ai quali è inviata siano o no in grado di capire e accogliere. Nessuno di noi può prevedere quali siano i sentieri percorsi dalla grazia di Dio e nessuno ha il diritto di privare chiunque della Parola di Dio! La domanda, cari amici,  non è “come” sia la terra, ma “perché” questa terra – che include anche ciascuno di noi – sia fertile o spinosa».

«Caro Don Nazzareno, con l’ordinazione episcopale ti assumi un surplus di responsabilità e di grazia nell’aiutarci tutti a non avere paura. E per te c’è un solo modo per poterlo fare: contemplare l’azione di Dio e della sua parola nella terra che ti è affidata. Come la pioggia e la neve, non ritornerà a Dio senza effetto. Il tuo è prima di tutto un ministero di amore, perché solo chi ama contempla! Mi vengono a questo proposito in mente le parole di Papa Francesco ai vescovi latino-americani, la scorsa estate: “Le reti della Chiesa sono fragili, forse rammendate; la barca della Chiesa non ha la potenza dei grandi transatlantici che varcano gli oceani. E tuttavia Dio vuole manifestarsi proprio attraverso i nostri mezzi, mezzi poveri, perché sempre è Lui che agisce. Cari Fratelli, il risultato del lavoro pastorale non si appoggia sulla ricchezza delle risorse, ma sulla creatività dell’amore. Servono certamente la tenacia, la fatica, il lavoro, la programmazione, l’organizzazione, ma prima di tutto bisogna sapere che la forza della Chiesa non abita in se stessa, bensì si nasconde nelle acque profonde di Dio, nelle quali essa è chiamata a gettare le reti”. Tu, carissimo Nazzareno getterai le tue reti in mezzo ad un popolo ben disposto, da secoli geloso custode di antiche tradizioni religiose, che sogliono manifestarsi anche in sentite manifestazioni di pietà popolare, prima fra tutte le grande devozione dei maceratesi verso la Madre di Dio, invocata sotto il nome di Madonna della Misericordia, il cui venerato santuario è adiacente alla tua residenza vescovile. Maria sia per te una madre premurosa. Ti accompagni nel servizio e ti custodisca. San Giuliano l’ospitaliere, patrono di Macerata, accresca in te lo spirito di carità, che hai già manifestato presso di noi infinite volte». «Nel lasciare la tua amata terra umbra, caro Don Nazzareno – ha concluso il cardinale Bassetti –, non dimenticare di portare con te quello spirito francescano, fatto di umiltà e semplicità, con il quale hai sempre operato, certo che quello che conta davanti a Dio è sempre fare la sua santa volontà, dimenticando se stessi, per servire senza riserve i fratelli».

La solenne concelebrazione dell’ordinazione episcopale di mons. Marconi è stata trasmessa in diretta da «Umbria Radio» con commento a cura di suor Roberta Vinerba e collegamenti di Francesco Panti e Francesco Locatelli. Allo stesso evento, il settimanale «La Voce» ha dedicato diversi servizi nell’edizione in edicola questo fine settimana.

Mons. Marconi, sulle colonne dello stesso settimanale, ha commentato il significato dei simboli e del motto del suo stemma episcopale.  Il simbolo della Croce: «Non c’è vita cristiana senza croce – scrive il neo vescovo di Macerata –, ma la croce non sbarra il cammino di chi ha fede, perché il Signore è risorto: per questo la croce brilla della stessa luce della stella». La Stella del mattino: «è Maria, stella del mare, e Macerata è la Civitas Mariae! Lei ci indica sempre la via per seguire il Signore. E’ rappresentata da una stella a sette punte, perché prepara la venuta dell’ottavo giorno, il giorno del Signore, quello della resurrezione e della salvezza…». Le Tre colline: «simboleggiano Citerna, il colle della mia infanzia, quello di Macerata, che sarà la mia nuova terra, e quello di Nazareth in Galilea, di cui porto il nome. Perché la nostra fede non deve mai dimenticare la testimonianza di chi ci ha preceduto; si radica nella concretezza di una terra con i suoi colori, i suoi profumi, il suo popolo; tende all’incontro con il Signore che è l’inizio, il centro e la meta di tutta la nostra vita». Il Motto: è tratto dal Primo Libro dei Re 3,9: Dabis servo tuo cor docile (“concederai al tuo servo un cuore docile”)».

R. L. /


Allegato:
l'OMELIA DEL CARD. BASSETTI


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