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  11/04/2014 11:58


Intervento del presidente della Federazione Regionale Umbra dei Movimenti per la Vita e Centri di Aiuto alla Vita, Angelo Francesco Filardo, sulla fecondazione assistita eterologa e diritti civili



La Corte Costituzionale con la sentenza del 9 aprile, che dichiara incostituzionale il divieto della fecondazione eterologa previsto dalla legge 40/2004, decreta la totale reificazione e mercificazione della persona umana in evidente contrasto con lo spirito che i Padri Costituenti tennero sempre presente nella stesura di ogni articolo della nostra Costituzione ed i Rappresentanti dei Popoli, che avevano sperimentato i disastri della dittatura e dell’eugenetica, nella stesura della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

            Con la legge 40/2004 e l’introduzione in Italia della fecondazione in vitro la difesa della dignità e della vita umana aveva già subito un duro colpo affidando ai biologi ed alla biotecnologia il potere di produrre - come già si faceva da tempo con gli animali e le cose - nuove vite umane.

            Un colpo ancora più grave è stato inferto, sempre, dalla Consulta nel 2009 con la sentenza che ha abolito il limite del numero di embrioni da produrre e trasferire in utero e che ora consente la produzione di embrioni in numero superiore a quello che si pensa di trasferire in utero e la possibilità di crioconservarli, togliendo ogni attenzione e tutela – pur enunciata nell’art. 1 della legge 40 – agli innumerevoli embrioni prodotti con la consapevolezza che non solo moriranno in più del 90% dei casi in utero ma che rischieranno anche di non essere trasferiti in utero e di finire nel limbo di un criocongelatore a tempo indeterminato per assicurare il fantomatico diritto della coppia ad avere un figlio a qualsiasi costo.

            Con la sentenza di ieri la Corte Costituzionale ha di fatto decretato che il desiderio di una coppia di avere un figlio può essere soddisfatto anche comprando – come già avviene in altre nazioni – ovuli o spermatozoi o addirittura direttamente uno o più figli o forse affittando – e in questo aspetto si apre un vuoto legislativo inquietante - l’utero di una donna per nove mesi, senza preoccuparsi delle ripercussioni psicologiche che la stessa donna può manifestare nel tempo.

            La persona umana più indifesa e bisognosa di tutela da parte dello Stato diventa semplice merce da consumo, che si può comprare e buttare via se non ha le caratteristiche richieste; la donna diventa anch’essa un contenitore, un oggetto che si può affittare e poi abbandonare a sé stessa: la dignità umana dei concepiti e della donna e dei fornitori di cellule germinali (cellula uovo, spermatozoi) viene calpestata mentre si declama il rispetto dei diritti civili. Una nuova e più disumana forma di schiavismo viene di fatto legalizzata e fatta passare per conquista civile.

            La fecondazione in vitro sia omologa che eterologa – è bene ricordarlo – mai può essere considerata una terapia della sterilità coniugale, essendo una tecnica alternativa di produzione umana, la cui efficacia tra l’altro è molto bassa e tale si è mantenuta nel tempo come anche i dati forniti dal Ministro della Salute relativi all’anno 2011 mostrano chiaramente: la percentuale tra nati vivi  (9.657) ed embrioni trasferiti in utero (99.251) è  del 9,6% e quella ancor più veritiera tra nati vivi ed embrioni prodotti e scongelati (170.107) del 6,38%.

Al proposito ci sorprende che in un periodo di risparmio di risorse economiche si continui a sperperare il denaro pubblico per prestazioni come queste poco efficaci e dannose come anche recentemente importanti centri internazionali di fecondazione artificiale hanno riconosciuto su autorevoli riviste scientifiche internazionali.

            Speriamo che il Governo ed il Parlamento non restino passivi e conniventi come in precedenti pronunciamenti della Consulta e di altri Giudici, che si sono arrogati e si arrogano l’arbitrio di sostituirsi ai Legislatori.




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