I vescovi toscani, guidati dal cardinale Giuseppe
Betori, arcivescovo metropolita di Firenze, hanno visitato giovedì 3 ottobre, il Santuario della Spogliazione. Durante
la breve introduzione nella chiesa di Santa Maria Maggiore il vescovo diocesano
monsignor Domenico Sorrentino ha spiegato che il Santuario della Spogliazione è
il luogo dove il giovane Francesco, davanti al vescovo Guido e al padre Pietro
di Bernardone, fece il gesto profetico di spogliarsi di tutti i suoi beni fino
alla nudità. Il vescovo si è poi soffermato sul forte legame che ha legato Francesco
e il vescovo Guido dal quale si sentì “accolto e accompagnato. Una bellissima
storia di accompagnamento spirituale. Siamo di fronte – ha detto monsignor
Sorrentino - all’esperienza della radicalità e alla testimonianza
dell’ecclesialità. Francesco che si sentiva familiare del vescovo, in fondo
volle imitare Gesù Cristo. In questa chiesa, antica cattedrale di Assisi,
abbiamo il punto centrale del Santuario”. I vescovi dopo aver reso omaggio alla
tomba del venerabile Carlo Acutis, giovane milanese morto a soli 15 anni per
una leucemia fulminante, posta all’interno della chiesa, hanno raggiunto la
Sala della Spogliazione dove è seguita la lettura delle Fonti Francescane e un
momento di raccoglimento e preghiera. “Pensare che questo è avvenuto qui – ha
detto il vescovo riferendosi al gesto della spogliazione – è il motivo per cui
mi sembra che sia un’ispirazione dall’Alto l’avere pensato che questo Vescovado
meriti di essere riscoperto anche nel suo profilo storico. Di fatto vedo la
forza che hanno queste pietre quando da questo racconto e da questa meditazione
passiamo nei luoghi che risuonano di storia. Per essere ambienti antichi sono
quelli che ti fanno rivivere quasi fisicamente il contatto con l’evento. Sta
dentro questo percorso ideale e se lo ritrova anche con le pietre del tempo
dicendo ‘è avvenuto dove sto io’. C’è una forza e una grazia. Noi crediamo
quello che predichiamo che la grazia non ha tempo e intride anche le nostre vite,
le nostre pietre”. Monsignor Sorrentino ha infine guidato i vescovi toscani nel
luogo dove Francesco espresse, col gesto eclatante e profetico del “denudarsi”,
la sua scelta di vita e, successivamente, nei locali sotterranei dove è
allestito il “Museo della Memoria, Assisi 1943-1944” che racconta la grande
opera di salvezza degli ebrei a cui prese parte anche il “toscanaccio”
Gino Bartali, di cui il Museo conserva la sua cappellina privata.
IL SALUTO Cari
fratelli e sorelle della Toscana Ottant’anni
fa, Pio XII, proclamando san Francesco
di Assisi patrono d’Italia, insieme con la vostra corregionale Caterina da
Siena, accoglieva la proposta di un grande vescovo di Assisi monsignor
Giuseppe Placido Nicolini, che spicca nella storia soprattutto per aver sottratto
alla persecuzione e alla morte
centinaia di ebrei rifugiati in questa
Città negli anni bui della shoah, aiutato in quest’opera anche dal grande campione toscano Gino Bartali. Due
santi – Francesco e Caterina - e due grandi della solidarietà - Nicolini e Bartali - che uniscono le nostre regioni. Oggi
voi siete qui a dire quanto fosse lungimirante l’intuizione del vescovo
Nicolini di proporre Francesco di Assisi non solo allo sguardo dei credenti, ma
a quello dell’intera nazione.
Intuizione che rimane valida
anche nella società italiana ormai sempre più multiculturale e
multireligiosa. Un patrono celeste come san Francesco di Assisi è un valore
aggiunto per tutti!. Il
motivo di questo valore, va cercato, in ultima analisi, nel coraggio che Francesco
ebbe nello spogliarsi fino in fondo di
sé per darsi i lineamenti di Cristo e vivere secondo il vangelo. Ravvivava
così, nel cuore del medioevo, le radici di una cultura cristiana che ha dato
alla storia non soltanto un nuovo senso di Dio, ma anche un nuovo senso della
persona umana, della famiglia, della società e dell’ambiente, ponendo tutto
questo nell’ottica della fraternità. Un’ottica
che, se compresa e vissuta, può assicurare al nostro mondo, al di là delle
distinzioni di culture, religioni e interessi, una prospettiva di solidarietà e
di pace. Non
a caso, mentre lo stesso mercato globale è attraversato da venti di guerra,
pendolando tra un liberismo selvaggio che fa strage dei più deboli e chiusure
nazionalistiche che ripropongono assurdi muri e nuove cortine di ferro, papa
Francesco ha lanciato l’iniziativa del grande evento del marzo del prossimo
anno – Economy of Francesco –,
convocando in questa città le energie più fresche e promettenti dell’economia
mondiale per riflettere su come costruire, anche sul terreno spinoso del
confronto tra ricchi e poveri, un umanesimo della fraternità. Questo
tema di un nuovo umanesimo è così caro alle nostre due regioni. Tra Toscana e Umbria, terre di cultura, di arte e
di santità, c’è un vincolo che va ben oltre
la vicinanza geografica. Grazie
dunque per essere venuti, cari fratelli e sorelle della Toscana. Questo
incontro nella festa di San Francesco risvegli nelle coscienze il desiderio sempre pacifico e accogliente,
ma anche vigile e geloso, di non farci rubare le radici che hanno fatto
gloriosa la nostra storia e hanno ancora tutta la vitalità per contrastare una
cultura della guerra e della morte, per una civiltà che abbia i lineamenti e il
sapore della fraternità, quella che
Francesco di Assisi applicò a tutte le cose, da fratello sole e sorella luna
fino a sorella morte. Alla
Toscana Francesco ha consegnato episodi chiave della sua santità. Fu proprio
nella vostra regione, alla Verna, che
egli ne mostrò il culmine,
configurandosi persino fisicamente a Cristo crocifisso. Mostrò nella sua
carne quanto il crocifisso sia ben più di un simbolo di civiltà, certo non un simbolo divisivo, ma il segno di
un mistero capace non solo di esprimere l’amore di Dio, ma anche di dare voce a tutti i crocifissi della
storia. Ci
aiuti san Francesco a ritrovare, anche nella nostra vita sociale e politica, la
via di un dialogo costruttivo. Ma soprattutto ci insegni la via della PACE.
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