«Chi
ci farà rotolare la pietra dall’ingresso del sepolcro?» E’
la domanda delle donne che si recano al sepolcro di Gesù la mattina
dopo il sabato. E non sospettano che la pietra è stata
già rotolata, che il sepolcro è stato già vuotato. Non
c’è più morte ma vita. Non c’è più il crocifisso ma il
risorto. È
più facile sostare davanti a Gesù morto. Ci assomiglia di
più. Ha i nostri tratti. Ci commuove come ogni esperienza di morte,
soprattutto quando è la morte degli innocenti, quand’è la morte
inattesa, quando è la morte inflitta dall’arroganza del
potere o dall’odio cieco.
La
morte, lo vogliamo o no, ci appartiene come la vita.
Ma
ci fa paura che la morte sia il nostro destino, che tutto debba
finire in una tomba: la tomba dei nostri progetti, dei nostri
desideri, dei nostri affetti. E
che senso ha vivere se poi bisogna morire?
Quel
giorno di Pasqua di duemila anni fa quelle donne che si ripetevano:
«chi ci farà rotolare la pietra del sepolcro?» riecheggiavano un
interrogativo che inquieta da sempre il cuore dell’uomo. Non
sapevano, non immaginavano, che stavano per fare la scoperta più
grande della storia. Si,
la più grande! La nostra generazione è testimone di meraviglie
tecnologiche che stanno rivoluzionando la nostra esistenza. Scoperte
scientifiche che ci danno la nostalgia dell’infinito.
Ma
la scoperta fatta a Gerusalemme il giorno di Pasqua è l’unica che
può dare senso a tutte le altre. È l’unica a dirci che il
sepolcro non è il destino della storia, ma solo una sua strettoia,
perché Gesù ha rotolato quella pietra, ha sconfitto la tirannia
della morte, manifestandosi nella nostra carne come il Dio
della vita. La
fede cristiana poggia su questa verità e scommette su questa verità. Una
scommessa che oggi, come ai primi tempi della Chiesa, torna fare i
conti con un mondo che sembra diventare sempre più estraneo al
Vangelo.
Ma
la voce dell’angelo del sepolcro continua a dirci: non abbiate
paura. Gesù che voi cercate non è qui. È risorto. Vi precede
in Galilea. La
Galilea è il luogo della vita ordinaria di Gesù, della sua prima
predicazione, dei suoi primi discepoli. E anche il
luogo dove il popolo ebraico si incontrava con altre religioni e
culture, dunque il luogo del confronto, dell’annuncio, della
missione. Gesù
torna, in qualche modo, in Galilea, e da lì riparte per il mondo.
Risorge
per coinvolgerci nell’avventura della sua vita, per darci una vita
da risorti.
San
Paolo spiega questo mistero partendo dal simbolo dell’acqua
battesimale, da cui anche in questa celebrazione due fratelli
catecumeni saranno bagnati. Il battesimo è uno scendere
nell’acqua santificata dello Spirito di Dio per lasciarvi i tratti
dell’uomo vecchio segnato dal peccato e un risalire da quell’acqua
come persone nuove che portano i tratti di Cristo. Tutta
la liturgia di questa veglia Pasquale dà voce a questo mistero.
Prima
di essere liturgia dell’acqua, è liturgia del fuoco e della luce. Siamo
entrati in una chiesa oscura, simbolo dell’oscurità dei nostri
cuori, simbolo nell’oscurità in cui versa l’umanità non ancora
illuminata dalla luce del Vangelo.
In
questa oscurità si sono accese le nostre fiammelle alla luce di
Cristo.
Siamo
entrati nella luce, siamo diventati luce e siamo chiamati a far luce. Questa
liturgia è un momento di trasformazione. Pone nella nostra vita il
germe della risurrezione. Ogni domenica, pasqua della settimana,
attinge da questa veglia.
Proviamo
a sentire nell’intimo del cuore la bellezza di questo mistero.
Esso
ci fa provare gioia, consolazione, speranza. Se
ci sentiamo in trappola perché la nostra vita è nella morsa della
sofferenza, della povertà, della tristezza, questo è il momento di
fare spazio a Gesù. Tempo di sentire la sua voce: non
abbiate paura! È
Pasqua. Pasqua di liberazione, come lo fu l’antica Pasqua
dell’esodo che diede terra e libertà ad un popolo oppresso. Quanta
tristezza nel costatare che quella terra in cui fu proclamata la pace
non riesce ancora a trovare pace, ed ancora in questi giorni ha fatto
sentire i colpi mortali dell’incomprensione e dell’ostilità.
Pasqua
di liberazione che mette radici nel profondo del nostro cuore, perché
non è solo l’annuncio di cose esteriori, ma vittoria sul
nostro peccato, germe della nostra morte. Pasqua:
cioè luce che irradia gli angoli più oscuri del cuore, delle
persone, della società. A
Pasqua la morte è sconfitta. È strappata la sua radice. Se la
morte fisica ancora ci tiene in scacco, la fede ci dona la certezza
dell’immortalità e della risurrezione finale. Ma
c’è ancora troppa morte che non ha alcuna giustificazione. Ci
rattrista la morte di tanti fratelli e sorelle che sembrano
avere l’unica colpa di essere nati in regioni dove regna
cronicamente la guerra, e dove i signori della guerra, ampiamente
foraggiati dalle nostre economie malate, lucrano sulla pelle
dei poveri. Ci rattrista la morte di tanti che risentono più
direttamente – ma è un problema che ci investe tutti - di un
ambiente devastato dal nostro egoismo e dalla nostra insensibilità .
Ci rattrista la morte di bambini soffocati fin nei grembi materni e
che forse sarebbero salvati se costruissimo intorno alle mamme e alla
famiglia una società più solidale e più aperta alla vita. Ci
rattrista la morte di tanti che non hanno trovato un fratello o
una sorella che si prendesse cura di loro, o di tanti che,
venendo in mezzo a noi da terre lontane – al di là delle nostre
giuste preoccupazioni di sicurezza e di ordine sociale –
soffrono il rifiuto dettato dall’indifferenza, dal pregiudizio e
dall’ostilità. La
morte fisica verrà debellata da Cristo solo alla fine dei tempi. Ma
dalla morte morale possiamo uscire fin d’ora. Cristo è risorto per
questo. E
allora, cari fratelli e sorelle, Buona Pasqua! Sia
questa Pasqua un evento di trasformazione, di conversione del cuore,
d’impegno ad una vita nuova nella logica dell’amore. Un
augurio che vogliamo fare soprattutto a questi due catecumeni che
stanno per ricevere il battesimo. Sia per loro vita nuova, vita
gioiosa, vita che ha trovato il suo senso pieno. E noi li abbracciamo
con tutta la fraternità di cui siamo capaci. La loro testimonianza
aiuta anche noi a scoprire il tesoro che il battesimo ha posto nel
nostro cuore.
E’
Risorto. Alleluia! Quello che la liturgia oggi annuncia di Cristo,
possa essere detto di ciascuno di noi.
|