Carissimi
fratelli e sorelle, il nostro appuntamento di preghiera per la pace del
prossimo 27 cade in quella che per noi cristiani è la grande settimana, la
“settimana santa”. Essa ci fa rivivere
la morte di Cristo e la sua risurrezione. Torna alla memoria l’immagine di un
innocente fatto segno di persecuzione e di vessazioni fino alla morte di croce. Se storicamente vi furono
implicati esponenti del suo popolo e il potere romano che occupava quella terra,
non possiamo farne addebito al popolo ebraico in quanto tale, come ci ha
ricordato il Concilio Ecumenico Vaticano II. Gli ebrei ci restano cari come il popolo della prima alleanza, che per
noi cristiani trova in Cristo il suo
compimento. In realtà tutti fummo implicati
in quella morte a causa del nostro peccato. Essa fu l’espressione dell’amore
con cui il Figlio stesso di Dio si volle calare nella nostra morte per
assicurarci pienezza di vita.
La
morte di Gesù si pone dentro un panorama di violenza che, in tutti i tempi, fino
ai nostri giorni, vede uomini perseguitati ed uccisi a causa della fede, e
spesso ad opera di altri uomini che si vantano di una religiosità arrogante,
che non merita nemmeno il nome di religiosità, perché non ha nulla a che fare con il volto buono e misericordioso
di Dio. Purtroppo anche nella storia cristiana non sono mancati episodi di
questa violenza ammantata di religiosità. Ce ne dobbiamo sinceramente
rammaricare. Ma tanta, fin dai primi secoli, è stata la violenza subita dai
discepoli di Cristo e ancora oggi molti di essi sono fatti segno di
persecuzione. Avviene così anche in altre comunità religiose. È un fenomeno
triste che va denunciato sempre e dappertutto.
Nella
logica dello “spirito di Assisi”
vogliamo pregare perché tra i credenti di tutte le religioni crescano
il reciproco rispetto, il dialogo e la
collaborazione, nella testimonianza umile
e sincera della propria identità. Vogliamo anche pregare perché il valore della
laicità, che caratterizza le istituzioni pubbliche in tante regioni del mondo,
venga sviluppato come accoglienza positiva ed armonica delle differenze, anche
religiose, e non degeneri fino
a non rispettare tradizioni e fedi religiose dei popoli.
Nell’unità
di preghiera che supera distanze e i confini, auguro ai fratelli e sorelle di
fede cristiana una Buona Pasqua e a tutti gli altri, di qualunque denominazione
religiosa e culturale, un cammino di serenità e di pace.
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