E’
arrivata nella serata del 2 dicembre a Perugia, accolta in un appartamento
messo a disposizione dalla parrocchia di Santa Maria di Colle, una giovane
famiglia siro cattolica di Damasco, fuggita in Libano da dove ha poi raggiunto
legalmente l’Italia in aereo senza correre alcun pericolo di vita. Questo
grazie al progetto dei “corridoi umanitari”, di respiro ecumenico, promosso
dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, dalla Tavola valdese e
dalla Comunità di Sant’Egidio, al quale ha aderito anche la Cei attraverso la Caritas
italiana e la Fondazione Migrantes e lo stesso Stato italiano. Ad
attendere all’aeroporto di Fiumicino la famiglia siriana composta da papà,
mamma e due figli di sei e dieci anni, giunta insieme ad altre, c’era anche il
direttore della Caritas perugina, il diacono Giancarlo Pecetti con la moglie
Luisa. I coniugi Pecetti hanno raccontato dell’incontro con questa famiglia,
restando colpiti dalla «serenità che ci ha trasmesso se pensiamo alle
sofferenze che ha dovuto subire. Il padre è stato vittima di “rapimenti
brevi” lungo il percorso dal luogo di lavoro a casa – raccontano Giancarlo e
Luisa –. La vita di questa famiglia è stata resa assai difficile anche per
la sua fede religiosa e nell’abitare nella periferia di Damasco interessata da
molti combattimenti. Una volta riusciti ad arrivare in Libano, i genitori hanno
cercato di dare un futuro migliore ai propri figli che vorrebbero far crescere
in pace. Siamo fiduciosi che la nostra comunità diocesana e la città di Perugia
saranno accoglienti con queste persone aiutandole a realizzare il loro
futuro di pace e serenità». «La
loro presenza – commentano i coniugi Pecetti – l’accogliamo
come un dono del Signore nel poter stare vicini a fratelli che hanno tanto
sofferto a causa della guerra e della stoltezza degli uomini. Invitiamo tutti a
far sentire a questa famiglia la vicinanza del Signore e della
Chiesa, attraverso la presenza per chi può e l'aiuto economico da parte
delle parrocchie e la preghiera costante, testimoniando una
fede che si manifesta anche in gesti concreti». «Un
bel dono di Natale… da sempre accogliamo persone in difficoltà italiane e
straniere». La
comunità parrocchiale di Santa Maria di Colle ha accolto l’arrivo della famiglia
siriana come un «bel dono di Natale. Siamo felici di accoglierla – commenta Il
parroco mons. Pietro Ortica –, perché per noi non è una novità. Questo servizio
rivolto a chi ha bisogno di una casa lo facciamo da sempre con amore, ospitando
famiglie italiane e straniere in difficoltà nell’appartamento destinato
all’abitazione del vice parroco». «Quando
fu chiesto da papa Francesco alle comunità ecclesiali di rendersi disponibili
ad accogliere i profughi, la nostra parrocchia fu la prima - a
Perugia città - a contattare la Caritas diocesana e a dare la
disponibilità da subito, come abbiamo sempre fatto. Quello che ha colpito i
nostri operatori è stata la serenità dei genitori e dei due bambini,
soprattutto i loro occhi pieni di gioia nel vedere una casa arredata con le
pareti bianche e riscaldata». «Questa
mattina (3 dicembre, n.d.r.) la prima cosa che abbiamo fatto insieme ai
nostri ospiti – racconta una volontaria della Caritas parrocchiale – è
stata la spesa, in modo da fargli scegliere i prodotti necessari.
Sarà una famiglia delle nostre, come tutte le altre che sono passate da trenta
anni nell’appartamento del vice parroco». “Per
un’Europa no exit”. Tra
le finalità del progetto dei “corridoi umanitari” c’è anche quella di riuscire
a coinvolgere nell’opera di accoglienza più famiglie e comunità locali. Questo
progetto è stato presentato a livello nazionale all’incontro “Per un’Europa no
exit. Un’unione dei diritti, dell’accoglienza, dell’inclusione”, organizzato
dalla Caritas italiana a Roma lo scorso novembre, al quale hanno partecipato
dall’Umbria due operatori della Caritas diocesana di Perugia, Stella Cerasa,
assistente sociale del “Progetto accoglienza profughi e richiedenti asilo”, e
Riccardo Liguori, responsabile dell’Ufficio stampa e comunicazione.
All’incontro si è parlato dei poveri e dei migranti nelle politiche europee,
dei sistemi avanzati di protezione sociale e della comunicazione chiamata a
dare voce a chi voce non ha perché «ultimo tra gli ultimi». E’ stato ricordato
che l’Europa unità è nata dai suoi alti valori di umanità e solidarietà che
affondano le radici nel cristianesimo; valori che oggi vedono il sopravvento
degli egoismi e delle politiche pro barriere e muri. «C’è il rischio che
l’Europa – è stato detto – invece di essere madre, sia sempre più matrigna». Un
“corridoio umanitario “ che coinvolge anche la Caritas italiana. Come
ha spiegato Daniela Pompei, responsabile del settore migrazioni della Comunità
di Sant’Egidio, intervenendo all’incontro, «questi corridoi umanitari sono una
via legale d’ingresso, utilizzando lo strumento del regolamento europeo dei
visti, per quelle persone in fuga dai loro Paesi a causa di violenze, persecuzioni
e guerre. Era necessario realizzare questo progetto che sta cercando di coinvolgerenon
solo la Chiesa italiana, ma anche altre Chiese europee (Belgio, Francia e
Polonia) e gli stessi Stati dopo aver visto morire in mare migliaia
di persone. Il criterio di scelta di queste persone accolte nei campi
profughi in Libano, è la condizione di grave vulnerabilità per donne sole con
bambini, malati, famiglie in difficoltà». «Dallo
scorso febbraio ad oggi – ha detto la responsabile della Sant’Egidio – sono giunte
in Italia, con questo progetto, circa 500 persone in maggioranza
siriane, accolte in ventisei città di dodici regioni». Daniela Pompei aveva
anche annunciato che tra la fine dinovembre e l’inizio di dicembre
sarebbero arrivati in aero da Beirut altre cento persone, tra cui la famiglia
accolta dalla Caritas di Perugia. Accolte
diverse famiglie di profughi dalla Caritas perugina.
La
Chiesa perugino-pievese, dall’acuirsi dell’emergenza profughi, ha accolto
diverse famiglie oltre che singoli migranti in fuga dai loro Paesi di origine.
Attualmente la Caritas di Perugia, grazie al coinvolgimento di privati e realtà
ecclesiali, dà ospitalità ad alcuni nuclei familiari: quattro del Marocco che
erano residenti in Libia con cinque minori; tre dell’Iraq con due minori ed
altri due in attesa del ricongiungimento in quanto si trovano in un campo
profughi in Serbia; una del Camerun con due minori ed una del Sudan con altri
due minori; due madri con un bambino ciascuna provenienti dalla Costa d’Avorio
e dalla Nigeria.
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