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  12/10/2016 13:02


Perugia ha ricordato mons. Elio Bromuri a poco più di un anno dalla morte con un incontro molto partecipato alla “Sala dei Notari” del palazzo comunale dei Priori. «Maestro e costruttore di unità e laicità nella Chiesa e nella società»



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Perugia (civile e religiosa) ha reso omaggio, nel pomeriggio dell’11 ottobre, a mons. Elio Bromuri (1930-2015), per molti semplicemente «don Elio», definito da quanti sono intervenuti all’incontro a lui dedicato un «maestro e costruttore di unità e laicità nella Chiesa e nella società». L’incontro, intitolato “Ricordando Don Elio”, promosso dall’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, si è tenuto nella “Sala dei Notati” del palazzo comunale dei Priori gremita di persone in una giornata di vero autunno con una pioggia incessante. La folta presenza di perugini e non solo, è stata la testimonianza più autentica di quello che don Elio ha lasciato alla sua città in oltre sessanta anni di sacerdozio. Per mons. Bromuri sono stati sei fecondi decenni di annuncio e messa in pratica del Vangelo attraverso un’azione pastorale viva, condivisa da molti laici impegnati, in particolar modo in ambito universitario e culturale, ecumenico ed interreligioso, nell’accoglienza delle persone in difficoltà, soprattutto giovani e studenti esteri, e nei mezzi della comunicazione sociale, in primis il settimanale La Voce delle Diocesi umbre, di cui è stato il direttore per oltre 30 anni.

Il pomeriggio dedicato a don Elio, aperto con l’incontro alla “Sala dei Notari” e concluso con la celebrazione eucaristica nella cattedrale di San Lorenzo presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti, non a caso si è tenuto l’11 ottobre, giorno in cui il noto sacerdote perugino avrebbe compiuto 86 anni. In questo stesso giorno la Chiesa celebra la Divina maternità di Maria, come ha ricordato il cardinale Bassetti nell’omelia. «Don Elio – ha evidenziato il porporato – ha avvertito questa coincidenza non come frutto del “caso” che, da buon filosofo, non riconosceva, ma come amorevole “provvidenza” che tutto dispone per il bene degli uomini.  Questo sentirsi figlio amato, lo ha accompagnato per tutta la vita e lo ha guidato nel suo essere sacerdote ed educatore di giovani. Solo dalla figliolanza pienamente avvertita si può capire l’importanza di rapportarsi con verità agli altri, sia nella vita di fede che in quella sociale. Tra i doni di cui il Signore lo ha arricchito vi è stato senz’altro quello di aver saputo unire qualità umane e doni di grazia, il cui connubio non sempre è facile rintracciare. Don Elio è riuscito a sintetizzare la fede, con la cultura e quest’ultima con la carità pastorale e ciò gli ha permesso di entrare in dialogo e in comunione con tanta gente, specie con i giovani».

All’incontro sono intervenuti, portando il loro ricordo personale di don Elio, mons. Carlo Ghidelli, arcivescovo emerito di Lanciano-Ortona, Piergiorgio Lignani, presidente emerito di Sezione del Consiglio di Stato, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, e Carlo Cirotto, presidente della Cooperativa “Unitatis Redintegratio” del Centro internazionale di accoglienza-Ostello. Si tratta di una delle «opere visibili» delle idee del sacerdote perugino condivise da un nutrito gruppo di laici impegnati, concretizzando quello stile di «accoglienza-dialogo-unità» tracciato dal Concilio Vaticano II. Prima di dare loro la parola, il prof. Cirotto, che ha moderato l’incontro, ha invitato a portare il saluto il cardinale Bassetti, il sindaco Andrea Romizi, il prorettore dell’Università degli Studi Fabrizio Figorilli, il rettore dell’Università per Stranieri Giovanni Paciullo e l’imam di Perugia Abdel Qader.

Gli intervenuti hanno auspicato che le «opere visibili» di don Elio possano proseguire nel tempo attraverso i suoi collaboratori, in modo da colmare il vuoto che ha lasciato. Intanto, per ricordare don Elio e farlo conoscere ai posteri, è stato pubblicato dalle Edizioni La Voce il volume: Don Elio. Uomo del dialogo. Nella carità. Nella libertà e nella fedeltà alla Chiesa.

Il cardinale Bassetti, nel suo intervento di saluto, ha sottolineato anche l’importanza della scelta dei luoghi dove è stato ricordato don Elio. «È bello ricordarlo proprio qui, in questa Civica Sala dei Notari, e poi nella Cattedrale, luoghi simbolo di Perugia – ha evidenziato il presule –, città che lo ha visto protagonista di mille iniziative, ma soprattutto artefice di quella benefica azione quotidiana di accoglienza, di dialogo e di giudizio sui temi della società, della Chiesa e della vita. Con tale equilibrio e perspicacia - e oserei dire profezia - da farci sentire ancora oggi la sua perdurante presenza. Don Elio tra le sue doti aveva sicuramente quella di offrire un consiglio sicuro e spassionato. E come Vescovo me ne sono giovato spesso, soprattutto in questioni difficili. Grazie alla sua formazione umana e spirituale, grazie alla sua cultura e alla sua esperienza di vita, sapeva sempre individuare i modi e le parole per affrontare i problemi della diocesi e della comunità civile. Egli ha incarnato, oltre a una solida vocazione, il meglio della tradizione perugina e umbra: il senso dell’equilibrio e della pacatezza. Certo si è esposto molte volte con documenti e interventi pubblici, ma sempre con quello stile sobrio, documentato e scevro non di passione ma di interessi personali e di secondi fini, che rendeva i suoi pronunciamenti autorevoli e condivisi oltre che liberi. Ha avuto a cuore la Chiesa perugina e la sua città, considerate sempre non come atomi chiusi in se stessi, ma come parte integrante di un mondo in continuo cambiamento».

A soffermarsi sui «tratti poliedrici» della figura di mons. Bromuri, è stato l’arcivescovo Ghidelli, che conobbe il sacerdote perugino mezzo secolo fa, partecipando agli incontri ecumenici nazionali subito dopo la chiusura del Concilio Vaticano II. Il presule ha parlato di «caratteristica poliedrica personalità» di don Elio, perché «poliedrica è la figura geometrica che papa Francesco  ci invita a valorizzare, figura capace di rendere al meglio la situazione dell’ecumenismo di oggi». Mons. Ghidelli si è soffermato non poco sui tratti della personalità di don Elio, sugli «orizzonti della sua cultura», sulla «dimensione pastorale del suo sacerdozio» e sul «“segreto” della sua spiritualità». Riguardo a quest’ultimo aspetto, l’arcivescovo emerito ha detto: «Il “segreto” era nel fare straordinariamente bene le cose ordinarie. La sua può essere definita la spiritualità del quotidiano. In estrema sintesi, don Elio viveva il meglio della spiritualità sacerdotale senza disattendere le esigenze della spiritualità laica. Ha vissuto il suo sacerdozio da prete “doc”, ma anche con un forte accento laicale. Egli fu un prete “doc” senza scadere in forme di vita clericale, così come fu un laico genuino senza scadere in forme di laicismo».

Altro aspetto trattato da mons. Ghidelli è stato quello del dialogo, che «per don Elio ha costituito uno dei suoi principali impegni. Dialogare – ha ricordato il presule – era un dovere irrinunciabile della sua scelta vocazionale, una dimensione connaturata alla sua personalità. Dialogare per don Elio era un’arte, era il suo modo di educare senza mettersi nei panni del maestro».

Sulla «pastorale giornalistica» di don Elio, mons. Ghidelli ha detto che «la condusse ispirandosi agli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Don Elio credeva intensamente nella necessità di mettere le “ali” al Vangelo e per questo si dedicava con grande passione e con metodo rigoroso a questo ambito della pastorale riuscendo a coinvolgere altre persone nella stessa azione».

Marco Tarquinio ha ricordato don Elio direttore de La Voce, il settimanale delle Diocesi umbre, il mezzo d’informazione dove attecchirono le sue «prime radici» di giornalista e dove dal suo primo direttore  apprese molto. Don Elio gli affidò la redazione delle «notizie dal mondo», perché La Voce non doveva avere «un orizzonte troppo circoscritto», ma «capace di portare grandi notizie del mondo nelle case degli umbri».

«A La Voce – ha ricordato il direttore di Avvenire – ho imparato la ricerca dell’armonia delle voci dell’informazione. Qui si faceva informazione senza riverire nessuno. Un’informazione vera, libera per la capacità di ascolto del territorio, vicina alle persone vere e alla loro vita. Ho imparato accanto a don Elio che identità e accoglienza vanno insieme e questo è importante per un giornalista. Giornalisti non si nasce, si può avere una vocazione, una passione vera, che è del cristiano nel saper interpretare la fraternità».

Piergiorgio Lignani, che si è soffermato sul duplice aspetto della pastorale di mons. Bromuri, «dialogo e accoglienza», ha parlato, in sintesi, di sacerdote «estremamente semplice e naturale nel proporre le sue idee, che in gran parte si sono attualizzate in diversi ambiti pastorali. La chiesa dell’Università, di cui don Elio fu rettore dagli anni ’50, divenne, grazie alla sua opera di ascolto-dialogo, crocevia di incontro di tanti studenti. Il gruppo ecumenico da lui guidato, che si dava e continua a darsi appuntamento il lunedì pomeriggio al “Centro San Martino”, aveva come originaria via quella dell’accoglienza, che passò dalla dimensione interconfessionale e quella delle persone, in gran parte studenti stranieri in stato di bisogno, un fenomeno che nulla aveva a che vedere con quello dell’immigrazione attuale».  E sul fronte dell’accoglienza di studenti esteri in difficoltà «è riuscito a tradurre in opere visibili le sue idee, condivise da diverse persone».

Lignani ha concluso ricordando l’esempio di un giovane accolto all’«Ostello di don Elio», che poi divenne il suo più stretto collaboratore in quella struttura di accoglienza. Era Valter Fusi, che morì tra le braccia dello stesso don Elio. Questo giovane fece un’autentica scelta di vita nello stargli accanto ma con una caratteristica, quella di stare sempre un passo indietro al suo «maestro», apprendendo da lui lo «stile» dell’ascolto e servizio del prossimo vivendo la quotidianità di quell’«opera visibile» della Chiesa perugina conosciuta da molti come l’«Ostello di don Elio».




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