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GUBBIO: "SERVIRE PER ESSERE LIBERI NELL'AMORE", L'ESPERIENZA-TESTIMONIANZA CARITAS DI UN DIACONO PERMANENTE   versione testuale


Lo scorso febbraio ho avuto l’onere, l’onore e la fortuna di partecipare ad un seminario di tre giorni per diaconi permanenti impegnati presso le Caritas diocesane e parrocchiali, organizzato dalla Caritas italiana a Napoli, presso la Cappella Cangiani. Tema del seminario: “Il Diaconato: Ministero per educare alla carità con la pedagogia dei fatti”. Di questo fatto mi piacerebbe rendervi tutti partecipi e perciò eccomi a dirvi che il lavoro offerto dagli specialisti ha suscitato entusiasmo in tutti i diaconi presenti, che, se non molti in quantità (circa 50 in rappresentanza di una ventina di Diocesi) certo interessatissimi e più che partecipi. Sono state giornate intense, ricche di stimoli per la crescita di noi partecipanti e si sono svolte con uno schema molto efficace ormai più che collaudato dalla Caritas italiana: I) Ascolto e preghiera della Parola di Dio (Lectio Divina); II) Contributo teologico-pastorale alla riflessione; III) Lavoro di gruppo con confronto di esperienze; IV) Testimonianze; V)   Celebrazione liturgica delle Ore e dell’Eucarestia.
Nonostante l’intensità ci sono stati anche spazi per la conoscenza personale tra noi partecipanti e con gli specialisti, e devo dire, con molta soddisfazione, di aver conosciuto persone veramente in gamba. Dunque, era necessario mettere a fuoco quanto e come il ministero diaconale possa educare alla carità mediante la “Pedagogia dei fatti”.
Le tre giornate si sono dipanate considerando i temi: “Educare, accompagnare, comunione”.
Il primo giorno la Lectio posta a fondamento di tutto il lavoro sull’educare si riferiva al brano evangelico di Giovanni (21,9-23) dove Gesù si rivolge ai suoi discepoli ed in particolare a Pietro, guidando tutti a percorrere un cammino così strutturato: educarsi – educare – lasciarsi educare, perché la vita alla sue sequela si compia nel migliore dei modi passando attraverso la relazione personale. La riflessione seguente aveva come tema l’educare alla carità ed ha fatto emergere l’importanza dell’intreccio di relazioni e gesti al fine di poter mediare tra il sapere della Chiesa e le persone da servire, perché si possa sempre più crescere nella sapienza del cuore (proprio e altrui). Cuore qui, ovviamente, va inteso in senso biblico come “interezza della persona”. Infine bisogna verificare le motivazioni che animano il nostro stile di vita, confrontandole all’esempio di Gesù che: vede, si commuove, agisce. La sfida educativa emersa è: “Aiutare l’altro ad esprimere quello che ha nel cuore” e la strada da percorrere è quella che parte da Narciso che non si lascia amare, passa da Cenerentola dal cuore regale, ma nascosto, per arrivare a Gesù che offre il suo cuore (cioè la sua interezza) per gli altri. Nel seguente lavoro di gruppo riguardo la figura del diacono-educatore, mi è sembrata interessante la posizione affermante che l’educazione avviene in tutto tondo nella misura in cui si è veri e costanti nella testimonianza e questo fa emergere il primato dell’essere che ha in sé il dire e il fare.
Il secondo giorno è stato sicuramente il più impegnativo e ricco ed è partito come sempre dalla Lectio (Luca 24,13-35: Discepoli di Emmaus) brano che metteva in evidenza il tema “accompagnare”, termine questo che ha alla sua origine il latino “cum-panis”, col pane, e infatti Gesù, alla fine del brano, condivide il pane coi due. La Lectio Divina indagando circa l’accompagnare, ci ha fatto comprendere quanto sia necessario lasciare spazio all’altro, ascoltando e condividendo la situazione, per poi aiutarlo ad interpretare la sua storia di dolore, poiché questo provoca la richiesta di condivisione, l’invito all’entrare in casa e cenare. Accompagnare, allora, è lasciarsi accogliere perché poi tutto ci guidi al ritorno nella comunità, è provocare la libertà dell’altro per poi custodirlo e insieme sperimentare la vita nell’amore. E’ emerso evidentemente che accompagnare ed educare sono inscindibili e che il percorso di Gesù verso i due è un percorso di educazione, per noi una “lezione di stile”. La ricchissima riflessione successiva ci mostrava come l’educazione alla carità è al centro del ministero diagonale e come la pedagogia dei fatti nasca dal farsi educare articolandosi in tre parti, in riferimento al brano biblico di Atti 8,26-39, e questo letto alla luce del brano dei discepoli di Emmaus.
a) Nel brano degli Atti incontriamo il diacono Filippo che istruisce e battezza uno straniero. Anche qui l’insegnamento ricavato ci dice quanto il ministero diagonale vada inteso come: capacità di accogliere l’invito di Dio, disponibilità a mettersi in cammino, saper percorrere una strada deserta, consapevolezza di essere mandati a qualcuno che, pur emarginato, è però sempre oggetto della promessa da parte di Dio.
b) Il brano precedente è stato letto in riferimento al testo evangelico di Matteo 25, 31-46 (Opere di misericordia) affinché emergesse che il diacono possa essere quel “cuore che vede” (Deus Caritas Est) per educare ad incontrare volti e storie di oggi.
c)Infine, tutte le opere di misericordia scaturiscono da quell’ultima cena narrata in Giovanni 13,1-34. Eucaristia, Diaconia, Koinonia dove il comandamento nuovo invita a considerare come dal segno sacramentale nascono il servizio e l’amore fraterno, ed è il loro “insieme” che ci rende riconoscibili, da sola, la celebrazione dell’Eucarestia non ci rende riconoscibili.
Il ministero della soglia (tipicamente diaconale) dovrebbe caratterizzarsi per la lavanda dei piedi agli ultimi della storia e questo oggi avviene in conseguenza di un attento ascolto del territorio, dalla osservazione di questo e dallo sforzo nell’educazione delle persone.
A seguire c’è stata la stupenda testimonianza di un diacono della Diocesi di Reggio Emilia che ci ha reso partecipi della realizzazione di una casa parrocchiale di accoglienza sede di un Centro di Ascolto, centro diurno di assistenza ai disabili e di una comunità residenziale per i più poveri, realtà che va avanti da 15 anni grazie soprattutto all’autotassazione delle famiglie della parrocchia e all’autogestione di circa 25 famiglie volontarie che si alternano nella conduzione.
Tutto questo è avvenuto in mattinata, mentre nel pomeriggio siamo stati coinvolti dalla comunità diagonale napoletana nella visita al Centro di Ascolto interparrocchiale di Scampia, nato dall’esigenza di una parrocchia di ridare dignità ad un territorio estremamente degradato da situazioni di grandissimo disagio, limite, emarginazione e commercio di droga, con tutto ciò che ne può derivare. Qui la parrocchia è un avamposto di accoglienza in una situazione di estremo degrado. I principali sostenitori del Centro sono la Caritas diocesana e la parrocchie del territorio stesso, nonché diverse famiglie religiose; la sua gestione è affidata a volontari che, a diverso livello e con diverse competenze, si attivano per accompagnare le persone nei loro bisogni e quando è possibile l’aiuto si trasforma in soluzione. Questa realtà la potremmo descrivere con il paragone della perla, dove la bellezza che si può ammirare è frutto di una profonda ferita che fa lacrimare…
Infine, alla sera ci è stata offerta l’occasione di una “pizziata” e così la pizza napoletana ha stemperato la situazione ed ha ulteriormente permesso l’approfondimento delle conoscenze e dello scambio di esperienze tra noi diaconi.
Il giorno conclusivo come sempre è stato aperto dalla Lectio Divina di più brani della Genesi riferiti alla storia di Giuseppe e dei suoi fratelli (Genesi 37,2-4.12-17; 45,1-8.14-15). Il tema era la comunione e la risultante è stata che la comunione senza alterità non può esistere, essa poi va ricercata e costruita, poiché non è una realtà scontata, ma un valore aggiunto e vi si giunge attraverso il dono del perdono, donando una parola di consolazione al fratello. Come sempre, dopo la Lectio, c’è stata una relazione di approfondimento riguardo il ministero diaconale tra educazione alla comunione e alla carità, aperta da una citazione di 1 Tessalonicesi 4,8 e un passo di Benedetto XVI: “La carità è lo stile di Dio e compimento di chi vive la vita come offerta”. E’ stato sottolineato che oggi ci muoviamo in un contesto dove l’esperienza umana è segnata da un profondo individualismo, grande incertezza e mancanza di prospettive di futuro, e allora educare non significa automaticamente evangelizzare, ma la prima prospettiva da recuperare è che l’uomo recuperi l’uomo. Essere presenti è già un grandissimo dono, si può vedere poco, ma anche quello è una grazia. L’esempio è sempre Gesù Cristo come nel brano di Filippesi 2, dove la Kenosi è lo stile da perseguire, e perché questo sia possibile noi dobbiamo stare con lui per poter essere con gli altri. Siamo chiamati ad essere testimoni di riconciliazione, e oggi l’uomo va riconciliato prima con se stesso, perché non crede in se stesso. Le ferite sono piaghe e non ne è esente nessun campo della vita. Essere al servizio (Diacono) oggi vuol dire allora vivere a 360 gradi la vita riportando l’uomo verso quella immagine di Dio che è la sua essenza.
Questo è quanto è avvenuto in quei tre giorni, secondo la comprensione del mio cuore e dei miei occhi, testimoni anche di mimose fiorite tra qualche spruzzo di neve e la cima imbiancata del Vesuvio che si specchiava nel mare.
Diacono Ruggero Radaelli
Lunedì 8 Marzo 2010