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"UNA PICCOLA, GRANDE VITA"   versione testuale

La storia emblematica di una donna che ha trovato nella diversità fisica la chiave per la riscoperta della gioia delle relazioni autentiche


“Una piccola, grande vita" è il titolo del libro autobiografico di Zelinda Elmi (Edizioni Chiesa di San Severo a Porta Sole - La Voce, pp. 78, € 10,00, il ricavato andrà in beneficienza), una donna la cui storia è emblematica per spiegare come sia possibile accettare la propria diversità fisica e trovare in questa, soprattutto grazie alla fede, la chiave per la riscoperta della gioia che risiede nelle relazioni umane più profonde e autentiche.
Zelinda Elmi, il suo libro inizia con il racconto delle difficoltà che ha dovuto affrontare nei primi anni della sua vita; poi però c'è un punto di svolta, lei dice: «un incontro speciale, che mi cambiò totalmente la vita». Che cosa è successo?
«Nei primi anni della mia vita, anche a causa della mia disabilità, non frequentavo molto la chiesa. Avevo un'idea di Dio astratta, senza alcuna aderenza con la realtà. In seguito ad un incontro con il Rinnovamento dello Spirito, ho cominciato a frequentare con più assiduità la chiesa e i sacramenti, e ho maturato un'idea diversa della fede. Ho capito che Dio è come l'amore: non si tocca con le mani, però riempie il cuore e la vita. La mia vita è umanamente vuota, a causa della disabilità che mi ha impedito di avere un'istruzione, un lavoro, una famiglia: incontrando la realtà umana della chiesa ho capito anzitutto che la vita è un dono e che il possesso delle cose materiali e delle abilità fisiche non conta quanto la serenità con se stessi e con gli altri. Dio mi ha fatto questo dono: mi ha fatto sentire non inferiore a chi è normale, ma come chi è normale».
Nel libro lei parla del suo incontro con il Centro Volontari della Sofferenza (CVS) di Perugia. Che importanza ha avuto per lei questo incontro?
«L'incontro con il CVS ha avuto per me un grande significato. Inizialmente non ero attratta da questa realtà perché, avendo già molte difficoltà nella mia vita (la mia non autosufficienza, la scomparsa di mio fratello e dei miei genitori), credevo che incontrare altre persone sofferenti non mi avrebbe aiutato. Invece al CVS ho incontrato persone che avevano la pace nel cuore, persone che avevano saputo accettare la loro croce e avevano guadagnato la gioia autentica, non quella transitoria che deriva dalla cose effimere».
Che importanza ha avuto per lei l'impegno in parrocchia, l'esperienza della carità?
«Il mio impegno in parrocchia è stato molto gratificante: grazie al mio parroco, don Aldo Milli, ho scoperto l'altra faccia della fede: la carità. Don Aldo mi ha affidato compiti delicati, come la cura umana e spirituale di coppie o persone in difficoltà. Per me - che fino a quel momento avevo creduto di non poter mai essere di aiuto agli altri - è bellissimo scoprire che potevo essere utile agli altri, donare il mio tempo e spendere le mie capacità umane per il bene della parrocchia e delle sue persone. Nella Bibbia è scritto che c'è più gioia nel dare che nel ricevere: io ho potuto sperimentare questo. Quando riesco ad essere utile e a donare il mio tempo agli altri, il mio cuore si riempie di gioia. Perché nell'altro c'è Gesù Cristo».
Che importanza hanno avuto nella sua vita gli incontri con Papa Giovanni Paolo II?
«Ho avuto la fortuna di incontrare il Papa tre volte. La prima volta ho sperimentato la forza penetrante del suo sguardo, che non era terreno, aveva qualcosa di ulteriore. La seconda volta, dopo l'attentato del 1981, il suo sguardo era diverso, ferito da una sofferenza. Nonostante questo, il suo sguardo sapeva leggere in profondità le persone: sembrava che fosse in grado di riconoscere ciascun volto nella folla. La sua presenza evocava davvero l'amore di Gesù. La terza volta l'incontro con lui è stato familiare come con un padre vero. Con le sue mani mi ha accarezzato il viso come per cercare un contatto profondo col mio sguardo. È stata la conferma di come un uomo anziano, quindi fisicamente indebolito, fosse capace di sprigionare una forza d'animo incredibile, e di infondere coraggio e speranza con un solo gesto semplice, eppure profondamente umano e paterno».
Giulio Lizzi
Venerdì 1 Giugno 2012