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  24/01/2016 20:58

PERUGIA: GIUBILEO DEI GIORNALISTI. MONS. PAOLO GIULIETTI: «LE NOSTRE PAROLE, NEL PICCOLO DELLE FAMIGLIE O NEL GRANDE DEI MEDIA, SIANO PAROLE CHE RINFRANCANO L’ANIMA»


Terminato l’incontro con il cardinale Gualtiero Bassetti nella chiesa di Santo Stefano in Perugia, il Giubileo dei giornalisti perugini di domenica 24 gennaio è proseguito con un breve pellegrinaggio verso la Porta Santa della cattedrale di San Lorenzo, dove l’evento giubilare è culminato con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti. Sempre il vescovo ausiliare ha guidato i partecipanti nel pellegrinaggio, ricordando loro che «è un percorso che conduce alla conversione del cuore nel ricevere l’indulgenza» in modo da «rinnovarsi come cristiani», non dimenticando i «peccati di categoria» nel «fare verità su noi stessi». Il vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve, nell’omelia, ha parlato dell’importanza della Parola di Dio anche per i media nel ricordare che «l’Anno di Grazia del Signore, la Misericordia di Dio, l’offerta di una possibilità di un mondo nuovo, si compiono nella persona di Cristo... La Parola di Dio viene pronunciata con una finalità precisa e lo sanno molto bene gli amici giornalisti che oggi sono in San Lorenzo a celebrare il loro Giubileo, che quando noi parliamo lo possiamo fare per tanti motivi. Le funzioni della parola e della comunicazione - ci insegnano gli studiosi di questi processi - sono diverse, ma se noi guardiamo alla natura stessa del linguaggio scopriamo che la sua finalità più vera e più profonda è quella di costruire relazioni, di chiamare alla comunione. La funzione più importante della Parola, quella per la quale Dio ci parla, è di creare rapporti tra le persone e non solo di dare informazioni-istruzioni. Riflettendo su come parlano i giornalisti, ma anche su come parliamo tutti noi nella nostra comunicazione quotidiana, nelle nostre famiglie e tra gli amici, scopriamo che spesso usiamo la parola in un mondo in cui ci sono tante parole. Quanti milioni di parole vengono dette e scelte solo utilizzando i social network? Queste parole ci mettono in comunione, costruiscono relazioni, fanno in modo che l’umanità, prima ancora della Chiesa, sia un corpo coeso in cui gli uni cercano il bene degli altri?». «Questi interrogativi sono importanti – ha proseguito mons. Giulietti –, perché si parla spesso di libertà di comunicazione, di libertà di parola e l’abbiamo fatto recentemente ricordando i fatti di Parigi di un anno fa. Certo, la libertà di parola è un diritto importante nella nostra società, di dire quello che vogliamo e di essere liberi di farlo. Ma la questione su cui dovremmo interrogarci è se davvero c’è libertà della parola. La nostra parola è libera da tutto ciò che le impedisce di conseguire il suo scopo, cioè di costruire il bene e le relazioni tra le persone? Una parola che è serva di interessi, di egoismi, di cattiverie, di invidie la possiamo dire, ma non è parola libera, è asservita al male e ci divide nelle relazioni più care, anche dentro le famiglie, dove siamo portati a dire: “Quante parole feriscono più della spada”». «Il Signore che presenta se stesso come la Parola, il compimento di ogni Parola, ci propone di imparare a parlare guardando a lui. Papa Francesco, nel suo messaggio rivolto ai giornalisti, ha parlato di misericordia e Gesù è una Parola di Misericordia, perché tutto quello che fa, che dice e tutto quello che è tende a costruire relazioni, a riportare gli uomini alla comunione con Dio e alla comunione tra di loro. La Parola di Dio rinfranca l’anima, incoraggia e rende possibile la comunione. Da questa Parola nasce la Chiesa, nasce un popolo, è il cemento dei propri rapporti, la pietra solida su cui ricostruire la propria città e la propria civiltà. La Parola di cui oggi abbiamo più bisogno è quella che edifica il corpo sociale e il corpo ecclesiale. Ci attrae spesso una parola che divide, che solletica ciò che di peggio c’è nell’uomo e dà valore alle negatività che non mancano, ai contrasti e ai conflitti che ci sono. Ma più forti di queste parole dovrebbero essere quelle che sottolineano il bene, che invitano a dar valore a ciò che esiste e che magari fa meno notizia spontaneamente, ma che invece anima il corpo sociale ed ecclesiale e le tante forme di comunione, di relazione, di servizio reciproco presenti nel mondo e che raramente conquistano le prime pagine o le “civette” dei giornali». «E’ questa comunicazione di cui abbiamo più bisogno – ha evidenziato mons. Giulietti –, anche se abbiamo diritto a conoscere le malefatte di questo o di quell’altro. Può aiutare una comunicazione che metta in evidenza una necessità di cambiare, ma abbiamo più bisogno, soprattutto in questo momento, di una comunicazione che metta davanti a noi la possibilità e la realtà del bene, che ci incoraggi a fidarci degli altri. Ma quanta comunicazione ha generato in noi sentimenti di diffidenza verso le istituzioni, ma anche verso l’altro, verso il vicino di casa, lo straniero e chi è diverso? Questa non è una comunicazione libera, perché va contro la sua natura che è quella di generare relazioni e fiducia, di dare luogo a possibilità di comunicazione e interazione tra persone, tra le istituzioni e i corpi sociali». «Il Signore ci invita davvero a recuperare la libertà di comunicare il bene e di essere misericordiosi – ha detto il vescovo ausiliare concludendo l’omelia –, cioè di stimolare quella cordiale accoglienza dell’altro, che il Signore per primo esercita verso di noi e che costituisce, in fin dei conti, l’atteggiamento su cui si può fondare la comunione tra le persone e quella identità di popolo che ci appartiene come Chiesa e come corpo sociale. Chiediamo al Signore che le nostre parole, nel piccolo delle famiglie o nel grande dei media, siano parole che rinfrancano l’anima».



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