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  17/02/2018 13:25

CARITAS ITALIANA: SMINARE TERRITORI E COSCIENZE: IL DOSSIER DELLA CARITAS


A dieci anni dal 17 febbraio 2008, data dell’autoproclamata indipendenza dello stato kosovaro dalla Serbia, Caritas Italiana pubblica “Futuro minato” un Dossier sul tema del disarmo con dati e testimonianze e un focus proprio sui Balcani. Durante le guerre balcaniche degli anni Novanta, mine e bombe a grappolo furono massicciamente impiegate, soprattutto in Bosnia ed Erzegovina e in Kosovo. Una larga parte di queste non sono state ancora rimosse, condizionando ancor oggi l’utilizzo di intere aree e provocando vittime e feriti. ≪Le armi di distruzione di massa […]...altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non possono costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana≫. Il monito di papa Francesco lo scorso 10 novembre, ci ricorda che in effetti gli ordigni moderni hanno tutti lo scopo di distruggere e colpire in maniera indistinta, non certo di mirare in maniera “intelligente” i soli obiettivi militari, e di creare danni non solo nell’immediato ma anche a lungo termine: le mine antiuomo, le bombe a grappolo, le munizioni all’uranio impoverito, le bombe atomiche, tutte le diverse tipologie di armi chimiche e batteriologiche, fino alla recente MOAB, la “madre di tutte le bombe”. Nel mondo migliaia di persone continuano così a morire non solo durante le guerre, ma anche dopo, a causa degli effetti di lungo periodo di quegli ordigni. Il 90% di loro sono civili, donne, anziani e bambini. Caritas Italiana ha cercato di indagare l’eredità che il conflitto degli anni Novanta ha lasciato sulle nuove generazioni, per conoscere il giudizio e l’interpretazione che i nati alle soglie del nuovo millennio danno delle vicende occorse nei loro Paesi. I risultati che vengono qui presentati sono il frutto della somministrazione di questionari ai giovani di Kosovo e Bosnia ed Erzegovina, avvenuta nel periodo tra ottobre e dicembre 2017. I nuovi dati di questo dossier confermano che gli effetti di lungo periodo degli armamenti, uniti alla mancata eliminazione nell’area balcanica della “psicosi bellica”, devono farci mantenere alta la guardia e l’impegno a costruire percorsi di riconciliazione e rinnovare una cultura di pace. Così mons. Sudar, vescovo a Sarajevo: «Se le mine rappresentano fisicamente un problema, di fatto è la società stessa ad essere minata. Ci vorrà più tempo per “sminare” la nostra società che togliere fisicamente gli ordigni, mezzi fisici di separazione tra le persone».



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