«Siamo
qui per il gusto di stare insieme e dire che fare famiglia è bello, vale la
pena, anche se non sempre è facile». Con queste parole l’arcivescovo di
Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, ha salutato le oltre cinquecento persone
giunte domenica 16 aprile al Chiostro di S. Nicolò di Spoleto per partecipare
alla quarta edizione della Festa della Famiglia, organizzata dall’Ufficio della
Pastorale familiare diocesano. Mamme, papà, nonni, nonne e tantissimi bambini e
ragazzi sono stati accolti da un’accurata animazione predisposta dalla
Pastorale giovanile diocesana. Poi, i più piccoli sono stati affidati ad una
equipe educativa della Cooperativa “Il Cerchio” e più grandi hanno svolto
attività con gli animatori della Pastorale giovanile. Gli adulti, invece, nella
sala grande del Chiostro, hanno dialogato sul tema della giornata, “Misericordiando
in famiglia”, con mons. Giovanni Tonucci arcivescovo-prelato di Loreto, con
Luciano Moia giornalista del quotidiano Avvenire e con i coniugi Antonella e
Nicola Lops dell’associazione Retrouvaille. Ha moderato Francesco Carlini
dell’Ufficio stampa della Diocesi. Presente il sindaco di Spoleto Fabrizio
Cardarelli, che ha salutato i convenuti.
«Esercitare
la misericordia in famiglia – ha detto mons. Tonucci – significa compiere gesti
contrari all’egoismo. Ognuno –
genitori, figli, nonni – ha un ruolo di misericordia verso
l’altro da esercitare nei comportamenti quotidiani con un costante sguardo
d’amore». Agli sposi ha detto: «Dovete capire che il vostro amore attuale è
diverso dall’innamoramento; non vivete più la fase della cotta ma quella della
stima, dell’affetto, della riconoscenza, del senso di responsabilità. Questo è
vivere la misericordia nella coppia; so che è difficile e che è più facile
magari dirsi frasi dolci, ma è ciò che dà stabilità, questo è amore con la “a”
maiuscola, più ricco, più profondo». Tonucci ha anche parlato di come essere misericordiosi
nell’educare i figli, elencando alcuni drammi (possibilmente quindi da evitare,
ndr) che i giovani vivono per l’egoismo di mamma e papà: «no ai figli unici;
non lasciarli soli in casa dinanzi al televisore o al computer; evitare che
siano educati solo da maestri (a scuola hanno giustamente i maestri, ma poi li
hanno a calcio, a danza, a nuoto ecc…) e spingerli a giocare di più con gli
amici sotto casa o al parco; non tenerli costantemente sotto contro col
cellulare: ciò aumenta solo la menzogna dei figli nei confronti dei genitori;
non pretendere che diventino miti del calcio o della moda; insegniamo loro a
camminare da soli: spesso i giovani sono incapaci di muoversi autonomamente.
Insomma – ha concluso il Prelato di Loreto – evitare questi drammi ai figlie e
trasmettere loro valori alti e ardui è un grande gesto di misericordia, forse
il più importante che si possa compiere in una famiglia».
Luciano
Moia, giornalista del quotidiano Avvenire, alla luce della recente esortazione
apostolica post-sinodale Amoris Lætitia di papa Francesco, ha illustrato alcune
criticità sociali e culturali con le quali le famiglie devono convivere. Come
prima cosa ha chiarito che il testo papale è esigente e misericordioso.
Esigente, perché non fa sconti, anzi ribadisce che la famiglia è quella fondata
sul matrimonio. Misericordioso, perché considera tutte quelle realtà che non
possiamo più fingere che non esistano: divorziati, divorziati risposati,
genitori singoli, conviventi. «Il Papa – ha detto Moia – ci chiede di
integrare, discernere e accompagnare queste situazioni. È opportuno cambiare il
linguaggio e trovare modalità nuove di approccio per presentare le stesse
verità. La questione che Francesco pone non si riduce alla comunione si o no ai
divorziati-separati-divorziati risposati (in Italia su 4 milioni di persone che
vivono queste situazioni meno di un 5% è interessato ad essere reintegrato
nella Chiesa), ma è quella di aiutare le
famiglie a scoprire i valori autentici della vita. Bergoglio chiede di dare più
forza alla famiglia in quanto unica via d’uscita dall’individualismo che rende
l’uomo manipolabile, influenzabile, sottomesso alle mode, incapace di
relazionarsi. La sfida quindi è parlare alle persone con linguaggi nuovi,
convinti che non possiamo più fingere che alcune realtà non esistano». E Moia
ha snocciolato alcuni dati italiani: a Milano, ad esempio, il 70% dei bambini
delle elementari delle scuole pubbliche ha i genitori divorziati o separati; il
numero dei matrimoni è crollato: dai 600.000 all’anno negli anni ’60 del ‘900
ai 190.000 attuali; 280.000 sono i divorzi annui; sono crollate addirittura le
convivenze, segno che i giovani non hanno più neanche quel pizzico di coerenza
e responsabilità che almeno li spingeva a vivere insieme anche se in una forma
eticamente preoccupante. «A fronte di ciò – ha quindi concluso Moia –
accogliamo l’invito del Papa, guardiamo in faccia la realtà ed impegniamoci ad
evangelizzare questo oggi con linguaggi e metodi nuovi, facendo salvo il
messaggio».
I
coniugi Antonella e Nicola Lops, infine, hanno testimoniato come sia possibile
“ricominciare” il proprio matrimonio anche dopo una separazione di sei anni.
Sposati da 17 anni, due figli, da sempre praticanti, sono membri
dell’Associazione Retrouvaille, che da anni si dedica a seguire coniugi in
stato di separazione. Ha detto Nicola: «L’inizio del matrimonio non è coinciso
con le mie aspettative, mi chiudevo sempre più in me stesso. Neanche la nascita
dei figli mi ha aiutato, mi sentivo fallito nel progetto del matrimonio.
Iniziai a cercare fuori del matrimonio quello che mi mancava: ho tradito
Antonella una prima volta e poi ho instaurato una relazione stabile con
un’altra donna. Ho chiesto la separazione e me ne andai da casa. Nel periodo
della separazione, sei anni, ho riscoperto mia moglie. Capii che solo lei poteva
darmi l’amore che cercavo. Quando le ho chiesto di rimettere in piedi il
matrimonio, dinanzi al suo sì mi sono sentito felice e fiducioso, consapevole
che il Signore mi stava mostrando la sua misericordia». Ha proseguito
Antonella: «La rabbia e il dolore mi facevano dire che tutto era finito. Quando
Nicola mi ha chiesto di riprovare ero titubante e incerta, avevo paura di
soffrire nuovamente. Ma ho preso la decisione di affidarmi all’amore di Dio e
da lì tutto è ricominciato». Insieme: «Ora ci stiamo impegnando per cercare di
dare speranza ad altre coppie, certi che in Dio tutto è possibile e che per lui
il “per sempre” è recuperabile».
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