Una
lunghissima processione orante e penitenziale formata da religiosi religiose e fedeli è partita dalla basilica
di santa Chiara, dopo avervi fatto sosta ed aver accolto il saluto e la
preghiera delle sorelle clarisse, per raggiungere la cattedrale di san Rufino e
varcare la porta santa martedì 2 febbraio giorno della Presentazione di Gesù al
Tempio che quest’anno è coinciso con la chiusura dell’anno della vita
consacrata. Ad attenderli all’ingresso della Porta santa della Misericordia
della cattedrale il vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino,
monsignor Domenico Sorrentino che ha impartito loro la benedizione. All’inizio
della celebrazione il presule ha benedetto le candele ricordando che “sono
passati quaranta giorni dalla solennità del Natale e anche oggi la chiesa è in
festa. Si conclude oggi l’anno della vita consacrata – ha detto il vescovo
nella sua omelia - . Sfocia nell’anno della Misericordia ormai iniziato. E ciò
nella festa della Presentazione di Gesù al Tempio, festa di luce e di gioia. Proviamo
a lasciarci illuminare da questo mistero, per levare il nostro inno di lode al
Signore e disporre il nostro cuore a un rinnovato sì al mistero del suo amore,
che dà alla nostra vita sulla terra il sapore di una profezia del cielo”.
Monsignor Sorrentino ha fatto poi riferimento alla forte presenza di consacrati
nella città del poverello chiedendo ai religiosi di essere pronti anche al
rinnovamento. “La gente che qui affluisce viene per mettersi sulle orme di San
Francesco e trova naturale che siano tanti consacrati a testimoniare la sua
santità. Certamente per noi è anche segno di responsabilità. Ci può essere chi,
per partito preso, assume posizioni di scarsa simpatia. E’ in qualche modo
previsto dal Vangelo, è la logica della croce. Dobbiamo però fare in modo che
non ci sia nel nostro atteggiamento nessun appiglio: nelle critiche che
riceviamo, può esserci un segnale che Gesù stesso ci manda, per un rinnovamento
mai totalmente compiuto, per una fedeltà che deve essere sempre rinnovata”.
Nell’omelia il presule ha poi messo in relazione la chiusura dell’anno della
vita consacrata con il giubileo della Misericordia. “Tutta la nostra comunità
cristiana deve esprimere misericordia. Ma tocca in modo speciale a quanti, per
la loro vita di speciale consacrazione, per definizione non hanno nulla su questa
terra a cui attaccare il cuore e hanno dato tutto per Cristo. Vi ringrazio,
perciò, cari fratelli e sorelle di vita consacrata, perché tanti di voi, accanto
a tante forme ed espressioni più tradizionali, stanno distinguendosi anche in
questa nuova forma di amore che passa attraverso l’accoglienza degli immigrati
e dei rifugiati. Ne dobbiamo forse sopportare qualche peso. Ma è un peso
che alleggerisce il nostro spirito. E’
una testimonianza che la nostra società si aspetta”.
Infine
il vescovo ha sottolineato l’importanza della festa della luce e l’invito a
testimoniare con forza la propria fede. “Anche simbolicamente, con l’accensione
di tante fiammelle, simbolo delle fiamme ardenti dei nostri cuori, la liturgia
ci aiuta a dare espressione alla nostra fede in Gesù, luce del mondo. Diciamo
la nostra fede in Gesù, luce del mondo. Tutta la nostra vita sia espressione di
questo atto di fede. Tutta la nostra vita sia annuncio di questo mistero. E’
questo il cuore del cristianesimo, e proprio a questo l’odierna cultura diventa sempre più ostica.
Non mancano tante espressioni di religiosità. Torna anzi in tanti un bisogno
religioso che è invocazione che sale verso l’alto. Ma resta, nella cultura
dominante, la resistenza proprio ad accettare Gesù, il suo mistero divino
umano, il suo essere l’unico nostro salvatore. No, non ci dobbiamo lasciar
rubare questa fede. Su questo non dobbiamo farci sconti, evitando anche le
insidie a cui ci può portare la nostra umana tendenza a coltivare le nostre
identità, con la tentazione sottile di preoccuparci più dei nostri Santi, dei nostri
Ordini, congregazioni e comunità religiose, che non di annunciare insieme, e
sempre più fortemente, Gesù, spendendoci totalmente per lui, costi quel che costi,
perché Gesù, Gesù solo, sia riconosciuto e trionfi. Una tentazione che deve essere
vinta anche nel nostro essere e sentirci Chiesa, in quello spirito di
“sinodalità” che stiamo mettendo al centro di questo anno pastorale, e che sarà
il messaggio forte del Libro del Sinodo, dal titolo ‘Tu sei la
nostra gioia’ che sto redigendo anche contando sulla vostra preghiera, e che
spero di consegnarvi nella prossima vigilia di Pentecoste”. E’ seguita poi la
rinnovazione dei voti dei consacrati e sono stati ricordati gli anniversari di
professione di alcune religiose e religiosi.
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