Nel giorno della festa
del santo patrono degli operatori dei mass media, Francesco di Sales,
domenica 24 gennaio, a Perugia, è stato celebrato il Giubileo dei
giornalisti. L’evento, promosso dall’Ufficio diocesano per le
comunicazioni sociali, ha richiamato un nutrito numero di operatori
con le loro famiglie, iniziato nella chiesa di Santo Stefano e
culminato nella cattedrale di San Lorenzo con ingresso dalla Porta
Santa. Ad accogliere i giornalisti a Santo Stefano c’era il
cardinale Gualtiero Bassetti con il suo ausiliare mons. Paolo
Giulietti e il direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali
Maria Rita Valli. Tra i presenti Roberto Conticelli, presidente
dell’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria, e Domenico Piano,
presidente della sezione umbra dell’Unione stampa cattolica
italiana (Ucsi).
Il
cardinale ha offerto la sua riflessione prendendo spunto dalle
letture della liturgia di domenica scorsa, che hanno posta
l’attenzione «sull’importanza della “parola” – ha
evidenziato il porporato –, specialmente - per i credenti -
della Parola con la maiuscola: la Parola di Dio… Come a dire, la
Parola eterna di Dio e le sue promesse oggi si sono compiute in una
persona. La Parola si è realizza; è divenuta carne. Ma i suoi, ci
dirà in seguito l’evangelista Luca, non accolsero affatto questa
dichiarazione divina di Gesù, anzi si infuriarono e cercarono di
ucciderlo, gettandolo giù da una rupe. Da questi brani della
sacra scrittura ricaviamo due parole che sono alla base di ogni
esperienza di vita umana, di ogni professione, specie di quella del
giornalista, di colui che ha a che fare con “la parola”. I due
termini, molto importanti, sono: libertà e responsabilità. La
libertà ci permette di ascoltare, di conoscere tutto ciò che
vogliamo. La libertà è essenziale per la vita di ognuno di noi, in
particolar modo per quella di un giornalista, che deve poter
conoscere i fatti così come sono realmente avvenuti. La
responsabilità sta nel trasmettere, riferire agli altri, quanto si è
conosciuto, ma nella verità, senza distorsioni o interpretazioni
arbitrarie. Fedeltà e rispetto della “parola” in tutto il suo
significato profondo è il compito di tutti noi».
Il presule si è anche
soffermato su un’espressione di papa Paolo VI, sempre attuale per
gli operatori dei media di oggi: «“Parlare a giornalisti! c’è
di che tremare: i giornalisti sono i professionisti della parola,
sono gli esperti, gli artisti, i profeti della parola (…). Parlare
a giornalisti! C’è di che temere: essi sono pronti ed abilissimi a
carpire una parola, un’allusione, una frase, e a trovarvi dentro
cento significati; e ad attribuirvi quello che essi vogliono”. È
un elogio e un rimprovero allo stesso tempo. Paolo VI utilizza parole
bellissime per descrive la professione o missione del giornalista.
Egli è un esperto, un artista, addirittura, un profeta della
“parola”, ma, se non c’è responsabilità, si può diventare,
manovratori della “parola”, facendole perdere il senso
originario e la profonda verità».
Il cardinale ha
ricordato anche quanto disse papa Francesco, a pochi giorni dalla sua
elezione, rivolgendosi agli operatori dei medie: «“Il lavoro del
giornalista necessita di studio, di sensibilità, di esperienza, come
tante altre professioni, ma comporta una particolare attenzione nei
confronti della verità, della bontà e della bellezza; e questo ci
rende particolarmente vicini, perché la Chiesa esiste per comunicare
proprio questo: la Verità, la Bontà e la Bellezza ‘in persona’”.
In questo tempo di misericordia, appare più evidente quanto il
nostro essere, il nostro fare e comunicare debba esser imperniato sui
valori di un’autentica comprensione reciproca e su un dialogo che
sappia costruire rapporti sempre più fraterni e solidali. Se la
Parola vera, quella che fonda il nostro vivere, saprà illuminare
ogni nostra “parola”, saremo in grado di edificare un mondo più
giusto, non più soffocato dalle incomprensioni, dai malintesi, dai
dissapori, che caratterizzano tanti rapporti umani».
«Papa Francesco, nel
suo messaggio per la 50° Giornata delle Comunicazione Sociali – ha
proseguito il porporato –, ci affida il compito di annunciare la
misericordia del Signore a tutti gli uomini. Ciò comporta,
innanzitutto, trovare un linguaggio nuovo, sempre più rispettoso,
capace di creare ponti e di unire le persone, senza escludere
nessuno. La misericordia è un sentimento profondo, chi lo sperimenta
sente la necessità di uscire da se stesso e di capire le situazioni
e le ragioni degli altri. È un sentimento che ci invita a credere
che esiste un modo nuovo sui cui basare i rapporti interpersonali e
che ci aiuta a comunicare a tutti la bellezza di una vita aperta ai
fratelli e alla ricerca di un dialogo che, per chi ha fede, diventa
preghiera e quindi dialogo con l’Assoluto di Dio. Mi auguro perciò,
che ascoltare e comunicare, in un dialogo vero e profondo, diventino
atteggiamenti che si completano e che richiamano quell’atteggiamento
di sensibilità e di rispetto che ognuno di noi deve all’altro.
L’ascolto attento e sincero ci aiuta a mettersi al fianco degli
altri, ad essere vicini agli uomini e alle donne di oggi, per capire
sul serio i drammi e le angosce di una società che, pur immersa in
un mare di tecnologie avanzatissime, capaci di collegare tutto il
mondo in tempo reale, non riescono a risolvere il problema
dell’isolamento esistenziale, che ferisce il cuore e l’anima di
milioni di persone. Ascoltare, dialogare, coinvolgere, far uscire
dalla solitudine è un’opera moderna di misericordia che tutti
dovremmo saper praticare. Perché, come diceva San Francesco di
Sales: “È l’amore che dà il valore e il prezzo a tutte le
nostre azioni”».
«In questa giornata
di fraterno incontro – ha detto il cardinale avviandosi alla
conclusione –, il nostro dialogo non sarebbe sincero e completo se
non trovassimo le parole e i gesti per essere vicini a quei fratelli,
alcuni dei quali presenti, che in questi giorni rischiano il posto di
lavoro, per la chiusura di uno dei principali quotidiani locali. Ad
essi, oltre alla nostra fraterna solidarietà, va anche
l’assicurazione di un impegno concreto perché la loro situazione
lavorativa, che coinvolge tante famiglie, non rimanga un fatto
isolato ma coinvolga e interroghi l’intera comunità regionale.
Ecco allora che Comunicazione e misericordia possono produrre un
incontro fecondo, capace di portare alla ribalta situazioni di dolore
e sofferenza. Per comunicare la misericordia bisogna camminarci
dentro, farne l’esperienza concreta».
Portando il saluto dei
giornalisti umbri, il presidente dell’Ordine regionale Roberto
Conticelli ha ringraziato il cardinale Bassetti per le sue parole di
incoraggiamento e stimolo. «Sono parole che ci toccano – ha
commentato Conticelli –, come anche il riferimento ai colleghi de
“Il Giornale dell’Umbria”, ma anche di un’altra realtà in
crisi come l’“Agi”. Confidiamo e speriamo, con il
coinvolgimento delle Istituzioni, in una risoluzione del problema che
il mondo dei media sta attraversando anche nella nostra regione.
Abbiamo la necessità di essere confortati anche dalle Istituzioni
ecclesiali, che ci sono sempre molto vicine. E per questa vicinanza
ringrazio il cardinale Bassetti, che rappresenta la Chiesa umbra in
qualità di presidente della Ceu, anche a nome di un collega che ha
dato tanto al nostro Ordine, Dante Ciliani, che ci ha lasciati pochi
mesi fa».
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