È assai antica la
consuetudine di chiedere al sacerdote di celebrare la Santa Messa secondo le
intenzioni dei fedeli, pregando cioè per qualche avvenimento della vita propria
o altrui: per ringraziare dei beni ricevuti, per invocare la vicinanza di Dio nelle
prove, per gioire nelle ricorrenze particolari. Si rende quindi opportuno
da una parte ribadire le ragioni della permanenza di tale antica usanza,
dall'altra evitare che abusi o trascuratezza ne sminuiscano l'importanza
dinanzi ai fedeli. 1. L’azione liturgica 1. "Ogni
celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo che
è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa
ne uguaglia l'efficacia allo stesso modo e allo stesso grado" (SC,
8). 2. Nella celebrazione
eucaristica i fedeli non assistono "come estranei o muti spettatori"
ma, partecipano attivamente "offrendo l'ostia immacolata non soltanto per
le mani del sacerdote, ma insieme a lui" (SC, 48). È infatti "tutta
la comunità, il corpo di Cristo unito al suo Capo, che celebra". (CCC,
1140) 2. Il sacerdote 1. Celebra
lecitamente il sacerdote che non ne sia canonicamente impedito (1044, 1331,
1332, 1333, 916). 2. Si richiede
inoltre che egli sia digiuno da almeno un'ora prima della comunione
eucaristica, a meno che sia malato o anziano (919). 3. Un sacerdote sia
ammesso a celebrare, anche se sconosciuto al rettore della chiesa, nel caso che
esibisca una lettera commendatizia (celebret) del suo Ordinario o del suo
superiore, oppure che si possa con prudenza ritenere che non sia impedito di
celebrare (903). 3. L' applicazione, o intenzione particolare 1. Il sacerdote può
"applicare" la messa per qualsiasi persona, viva o defunta (901).
L'applicazione è sempre libera, eccetto in due circostanze: a) missa
pro populo. Dopo la "presa di possesso", il parroco (534) e
l'amministratore parrocchiale (540, §1) sono tenuti a celebrare personalmente,
per il popolo loro affidato, una messa nelle domeniche e nelle feste che nella
propria diocesi sono di precetto. I predetti soggetti, qualora abbiano la
cura pastorale anche di altre parrocchie, soddisfano l'obbligo applicando una
sola messa per il popolo loro affidato. (388 §3; 534 §2). L'obbligo è
grave e, in quanto imprescrittibile (199, n.5), non viene mai meno, anche
qualora sia stato trascurato per molto tempo. Chi non lo abbia soddisfatto
applichi quanto prima pro populo le messe tralasciate (388, §4; 534,
§3). Chi ne fosse legittimamente impedito (ad es. per malattia) applichi la
messa in tali giorni mediante un altro sacerdote o, personalmente, in giorni
diversi. (534 §1). Nella celebrazione della messa pro populo non si
facciano nomi di defunti. b) missa ad mentem offerentis.
L'applicazione diviene obbligatoria ex iustitia ogni volta che il sacerdote
abbia accettato l'offerta, quale che essa sia. L'obbligo resta integro anche se
l'offerta ricevuta sia per qualsiasi motivo andata perduta. 2. Si abbia cura di
adempiere gli obblighi derivanti da eventuali "legati di messe" e di
redigere una tabella degli oneri connessi da esporre in luogo ben visibile
affinché non siano dimenticati (1307 §1). La riduzione degli oneri è riservata
alla Sede Apostolica (1308). Nuovi legati possono essere accolti solo con il
consenso scritto dell'Ordinario diocesano, e dovranno avere una durata non
superiore a dieci anni. L'offerta stabilita (cf art. 3/2), è la misura per
calcolare la soddisfazione dei legati. 4. L’offerta 1. È lecito ad ogni
sacerdote che celebra o concelebra ricevere la relativa 'offerta' affinché
applichi la messa secondo una determinata intenzione (945, §1). È tuttavia
"vivamente raccomandato" di celebrare secondo le intenzioni dei
fedeli, soprattutto dei più poveri, senza ricevere alcuna offerta (945, §2). È
altresì opportuno e lodevole che le offerte percepite dal sacerdote per
intenzioni di messe siano da lui utilizzate soprattutto per le sue espressioni
personali di carità. In ogni caso, deve essere tenuta del tutto lontana perfino
l'apparenza di contrattazione o di commercio (947). 2. A norma del Codice
di diritto canonico (952), e in conformità a quanto avviene in altre Regioni
ecclesiastiche, al fine di evitare abusi di richieste maggiori, in Umbria
l'offerta è attualmente fissata in dieci euro. Il fedele che, in occasione
della celebrazione di una santa messa, intendesse liberamente dare al sacerdote
una offerta maggiore di quella prevista dovrà esplicitamente indicarne le
finalità. 3. Al fine di
scongiurare la stessa parvenza di uno scambio economico con il rito sacro,
occorre che tutti siano resi consapevoli del significato teologico ed
ecclesiale di questo antichissimo gesto: l'importanza del donare insegnata da
Gesù stesso e di cui questa offerta è una forma peculiare, la partecipazione
personale al sacrificio eucaristico, la condivisione dei beni, un contributo
per il servizio ecclesiale, per le attività apostoliche e le espressioni
personali di carità dei sacri ministri. 4. Il sacerdote può
tenere per sé l'offerta di una sola messa, eccettuata la solennità del Natale
(951 §1), giorno in cui sono previste tre celebrazioni (notte, aurora,
giorno). 5. Anche il 2
novembre, giorno della commemorazione dei fedeli defunti, è possibile celebrare
tre messe di cui una può essere applicata ad libitum, la seconda deve essere
applicata per tutti i fedeli defunti e la terza secondo le intenzioni del Santo
Padre. 6. Con la debita
autorizzazione, il sacerdote può celebrare più messe nella stessa giornata, ma
può trattenere per sé una sola offerta. Le altre devono essere trasmesse al
proprio Ordinario, vescovo o superiore religioso. Se tuttavia si tratta di un
parroco o un vicario parrocchiale appartenente a un Istituto di vita
consacrata, tali offerte devono essere trasmesse all'Ordinario diocesano,
perché le destini a sostenere le opere pastorali e di carità. 7. Le offerte di
messe che non potranno essere celebrate entro un anno dalla loro ricezione
vanno consegnate per intero al proprio Ordinario per essere poste a
disposizione di sacerdoti missionari, malati, anziani o comunque in
difficoltà. 8. Al fine della
massima regolarità e trasparenza in questa delicata materia, non si trascuri il
registro delle messe.
(continua nel testo
integrale allegato)
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