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  23/06/2015 11:26


Perugia: la comunità parrocchiale “San Costanzo” in Castello delle Forme di Marsciano ricorda il suo “storico” parroco, don Mario Rabica, l’“operaio nella Messe del Signore” nel primo anniversario della morte. L’intitolazione di due lapidi nella piazzetta della chiesa e nella sala parrocchiale alla presenza del cardinale Bassetti e del sindaco Todini



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Castello delle Forme di Marsciano e le comunità parrocchiali dell’intera Unità pastorale della Quinta Zona dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve rendono omaggio al sacerdote e parroco don Mario Rabica (1931-2014) nel primo anniversario della morte. Giovedì 25 giugno (ore 18), nella chiesa della Madonna delle Grazie, si terrà la concelebrazione eucaristica di suffragio e ringraziamento presieduta dal cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti insieme a diversi sacerdoti diocesani. Al termine, per ricordare alle future generazioni la figura di “prete sociale” attento e sensibile alle istanze dei più deboli, “piccoli” ed “ultimi”, l’Amministrazione comunale di Marsciano e la Parrocchia di Castello delle Forme con una sobria cerimonia inaugurale intitoleranno a “Don Mario Rabica Parroco” due lapidi (una toponomastica e l’altra commemorativa) ubicate rispettivamente nella piazzetta della chiesa e nella sala parrocchiale. Saranno presenti le massime autorità civili e religiose locali, tra le quali il sindaco di Marsciano Alfio Todini e il cardinale Gualtiero Bassetti che benedirà le due lapidi.

            L’attuale parroco di Castello della Forme, don Mario Pomara, ha tracciato una breve ma significativa “nota biografica” del suo predecessore, che di seguito è riportata una sintesi, con la quale si comprendono ancor più le ragioni dell’importanza di trasmettere ai posteri, anche con segni visibili, la figura di un grande uomo e sacerdote al servizio di Dio e del suo popolo.

            «Don Mario Rabica, nato a Magione, nella frazione di Villantria, il 4 novembre del 1931 da una umile famiglia – scrive il suo successore –,entra nel Seminario arcivescovile di Perugia dopo le scuole Elementari, dove completa gli studi Ginnasiali e Liceali. Terminati questi, fa ingresso nel Pontificio Seminario Regionale Umbro “Pio XI” di Assisi, dove completa gli studi Filosofici e Teologici. Viene ordinato sacerdote nella cattedrale di Perugia il 31 ottobre 1954 (quando ancora non ha compiuto 23 anni, n.d.r.). I suoi primi impegni pastorali sono stati come cappellano a Marsciano e Passignano sul Trasimeno, qui come collaboratore di un altro concittadino di Marsciano: don Carlo Minchiatti, futuro arcivescovo metropolita di Benevento. Il suo primo impegno di parroco è stato nella piccola Parrocchia di Rancolfo, dove ancora è ricordato con affetto. E’ arrivato a Castello delle Forme nel gennaio del 1959 (alcuni dicono del 1958)».

«Siamo nel pieno della ricostruzione post-bellica – sottolinea don Mario Pomara –: c’è povertà, miseria; il tessuto sociale lacerato; lotte sociali, politiche … Una società da pacificare e ricomporre; identità nazionale e paesana  da difendere, motivare e incoraggiare, come volano per uno sviluppo che si rende urgente e improrogabile. Da qui parte il grande impegno di don Mario vicino alle famiglie, in gran parte di agricoltori (sotto i grandi padroni terrieri) e di piccoli vivaci artigiani. Una comunità da incoraggiare e sostenere nella fratellanza, solidarietà e giustizia sociale. Quest’opera don Mario l’ha svolta non solo con la “Parola del Prete”, ma anche con la testimonianza della vita, facendosi anche lui agricoltore tra gli agricoltori, lavoratore tra i lavoratori, paesano tra paesani. Questa sua passione e vicinanza al mondo rurale, gli è stata particolarmente riconosciuta, tanto da affidargli l’incarico, per molti anni e fino alla morte, di assistente ecclesiastico, prima a livello provinciale e poi a livello regionale, della Coldiretti, l’Associazione che più di tutte rappresenta il mondo rurale cattolico nel nostro territorio e a livello nazionale».

A don Rabica, molto impegnato a livello socio-aggregativo, si deve anche la realizzazione della «Sala parrocchiale sopra la sacrestia, con il concorso e l’opera di tutti i parrocchiani – ricorda don Pomara –, realizzata con lo scopo di radunare e incontrare  la popolazione, le famiglie, i bambini, i ragazzi e i giovani nella catechesi e oltre. Iniziative memorabili sono i teatri durante il carnevale e le feste, gli incontri di formazione per le famiglie ... Una menzione particolare va all’impegno profuso alla crescita e alla vivacità dei vari Gruppi dell’Azione Cattolica. Ricordi del suo generoso e laborioso impegno sono le feste annuali di santa Rita, del Patrono san Costanzo, della Madonna delle Grazie, i Pellegrinaggi, le Missioni … Anche dal punto di vista del rinnovamento liturgico, don Mario è stato un solerte ed entusiasta sostenitore e costruttore».

«L’ultima sofferenza e prova, oltre la malattia alle gambe, è venuta con il terremoto del settembre 1997 – evidenzia don Pomara –, quando si è resa inagibile la chiesa e la casa canonica: pareva la fine di tutto. Grazie alle sue amicizie e alla sua grande forza di volontà, che sfociava nella testardaggine, anche questa prova difficile è stata superata: prima con il dono di una tensostruttura che supplisse alla chiesa chiusa e poi, con il contributo della Regione, del Comune e della popolazione,  il restauro completo di tutto il Complesso parrocchiale, che ora funge da Centro pastorale per i paesi di Castello delle Forme, San Valentino e Olmeto. L’ultima sua grande gioia è stata la Festa della riapertura della chiesa, l’8 settembre 2007, dieci anni dopo il terremoto, quando è stato lui a riaprire le porte e a celebrare la prima Messa».

«Don Mario è tornato alla Casa del Padre la sera del 27 giugno dello scorso anno, Solennità del Sacro Cuore di Gesù, alla veneranda età di 83 anni, di cui 60 di sacerdozio e 55 anni dopo essere approdato a Castello delle Forme. La sua Memoria sia in Benedizione – conclude don Pomara –, non solo nella popolazione di Castello delle Forme, ma anche in quanti ha servito e amato come sacerdote e amico, e attraverso noi, ricordato nelle generazioni future».

R. L. /




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