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  21/09/2014 20:19


Orvieto-Todi: assemblea ecclesiale mons. Tuzia: "il problema più urgente per le nostre comunità cristiane non è quello di inaugurare porte che si aprono verso l’interno degli spazi sacri, ma aprire le porte che dall’interno del tempio, diano sulla piazza".



Mons. Benedetto Tuzia, Vescovo di Orvieto-Todi con la preghiera d’inizio ha segnato l’avvio dell’Assemblea diocesana e dopo aver espresso il proprio compiacimento per la larga partecipazione di tutte le unità pastorali ha detto: “ Certamente non sfugge a nessuno che anche all’interno delle comunità del nostro territorio soffia forte il vento della secolarizzazione. Sono numerosi e diversificati gli elementi indicatori di questo preoccupante fenomeno che ha investito la fede e di conseguenza i comportamenti. Di fronte a questo quadro si impone un cambio coraggioso di strategia pastorale, ma prima ancora un profondo e interiore cambiamento spirituale. Risulterebbe vano spendersi per un restauro e adeguamento esteriore se non ci sforzassimo di vivere il Vangelo con serietà. Si tratta di ricercare l’essenziale. Fuori di questa consapevolezza, i nostri sussulti pastorali saranno scambiati per istinto di sopravvivenza e le nostre metodologie si trasformeranno in tecniche di conservazione. Cosa, anzi CHI è essenziale?....è Cristo. Anzitutto Lui; solo Lui; totalmente Lui… Signore Gesù, custodisci sempre viva e forte in noi la coscienza del compito che ci affidi. Nell’avviare questa riflessione, noi saremo tentati di analizzare subito i bisogni spirituali di questo nostro territorio, di ricercare i metodi più idonei per assicurare un più vigoroso risultato. Preferiamo invece, Signore, rivolgerci anzitutto a Te, per confermare in noi questa prima certezza: che il fatto stesso dell’evangelizzazione nasce da Te; come un fiume esso ha in Te la sua sorgente; dovremo risalire fino al mistero della santa e adorabile Trinità, per rintracciare l’origine prima del mandato che preme in noi…    Signore Gesù, eccoci pronti per uscire, per essere “Chiesa in uscita” ad annunciare il tuo vangelo, la notizia del tuo amore che salva a questa terra, nella quale la tua provvidenza ci ha posti a vivere. Signore, prega il Padre affinché ci faccia dono dello Spirito di verità e di coraggio, lo spirito di Consolazione che renda aperta, buona ed efficace la nostra testimonianza.” 

 

Dopo la preghiera e il saluto del Vescovo,  il Vicario Generale Mons. Antonio Cardarelli, moderatore dell’Assemblea, ha dato la parola al Prof. Aldo Curiotto, che a nome di un Gruppo di laici che si sono confrontati su invito di Mons.Tuzia,  ha presentato una riflessione sul tema: “Fare parrocchia nel nostro tempo”. La relazione di Aldo Curiotto ha messo in rilievo almeno tre punti: La chiamata del cristiano non è quella di adattarsi ad un cambiamento strutturale della chiesa/diocesi/parrocchia, perché sono calati i preti e i fedeli; ma quello di una nuova evangelizzazione per un mondo che è completamente cambiato;  Ciò che continua a mancare, dove langue la vita comunitaria cristiana, è la relazione umana, l'attenzione all'altro. Non è forse questa la povertà moderna? Compito dei laici oggi, pertanto, non è di dire al Vescovo come riorganizzare clero e servizi parrocchiali, ma mettere in atto un modello locale di Chiesa in cui ognuno eserciti generosamente il proprio servizio; Per cominciare a rispondere concretamente a queste urgenze, che non possono più aspettare, a cinquant'anni dal Concilio Ecumenico, si propone di dare vita ad un Concilio diocesano. Dopo la relazione del Prof. Curiotto,  D. Francesco Valentini, Vicario episcopale per i Beni culturali ed ecclesiastici ha presentato una serie di schede-video  che hanno offerto ai partecipanti  la situazione reale della nostra Diocesi. 

 

Subito dopo Mons. Benedetto Tuzia ha svolto la sua relazione all’Assemblea. Il presule nel ricordare che da poco è iniziato il suo terzo anno di cura pastorale della diocesi, ha annunciato un itinerario pastorale per i prossimi anni  frutto del confronto nella riflessione e nella preghiera con l’esperienza e la sapienza di alcuni confratelli sacerdoti. “Ed allora, quale sfida – si è domandato Mons. Tuzia - attende la nostra Chiesa diocesana e in particolare le comunità parrocchiali? Quale è la Chiesa che sogniamo e cui vorremmo insieme dare corpo? Provo ad esprimerlo con le parole forti che Papa Francesco ha rivolto ai giovani nel recente viaggio in Asia, esattamente in Corea: In particolare - ha affermato il Santo Padre - a voi giovani, voglio rivolgere l’appello del Signore: Gioventù, alzati! La gloria dei testimoni, annunciatori che arricchiscono la tua storia brilla sopra di te. Alzati e risplendi. Lascia che la bellezza e la luce di Cristo risorto brilli come in uno specchio, nella tua testimonianza. Vorrei ripetere - ha detto Mons. Tuzia - alla nostra Chiesa: Alzati, è ora di andare, di riprendere il cammino. Sii una Chiesa con il fuoco nel cuore e con le ali ai piedi. Abbandona la rigidità di chi non riesce a stupirsi, a commuoversi, a provare meraviglia. Ci sono numerose paralisi, o tratti di immobilismo generati da altrettante paure: paura di assumere le responsabilità, paura di deludere, di perdere l’approvazione, di soffrire; paura dell’opinione altrui, paura di non essere apprezzato, paura di vergognarci… Qualunque sia la tua situazione, il motivo che ti blocca: Alzati! Riprendi il cammino. Questo è il primo comando della vita. Gesù ci ripete: la tua paralisi è dentro di te. Libera il tuo cuore. Rimettiti in via. La via, il cammino, è metafora della vita. È un nome antico del cristianesimo. Cristo afferma di sé: Io sono la via, e fa di noi dei viandanti. Papa Francesco ha elaborato quello che potremmo indicare come il suo catechismo missionario, attorno a questa espressione: “uscire”. Egli sogna una Chiesa “in uscita”, incamminata verso le periferie, “i luoghi di frattura”. È vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio e senza paura (EG 23). Il Papa insiste continuamente sull’uscire, sulla cultura missionaria in opposizione alla staticità, immobilità al “sempre si è fatto così”, al ripiegamento su se stessi. Il Papa è molto chiaro: “Non possiamo restare chiusi nella parrocchia, nelle nostre comunità, nella nostra istituzione parrocchiale o diocesana quando tante persone sono in attesa del Vangelo. Non si tratta solamente di aprire la porta per cercare e incontrare… Invece di essere solo una Chiesa che accoglie e che riceve, tenendo le porte aperte, cerchiamo di essere una Chiesa che trova nuove strade, che è capace di uscire da se stessa e andare verso chi non la frequenta, chi se ne è andato o è indifferente. Ma per questo ci vuole audacia e coraggio”. È un forte appello a uscire da noi stessi, dai luoghi ecclesiali e vivere l’incontro….Proseguendo Mons. Tuzia ha poi affermato: Quando abbiamo inaugurato l’anno giubilare a Bolsena e nella nostra cattedrale di Orvieto, il cardinale che presiedeva la celebrazione, si è avvicinato alla porta santa e mediante una forte spinta, l’ha spalancata e tutta la folla esultante, dietro di lui, è entrata nel tempio carico di luce e di suoni. Il mio desiderio invece è poter inaugurare un anno santo al rovescio. Tutti in Chiesa, il vescovo vicino alla porta chiusa che viene aperta verso l’esterno e il popolo di Dio che esce fuori, sulla piazza, in un incontenibile bisogno di comunicare la Buona Novella, che è Cristo, all’uomo della strada. Sì, perché oggi il problema più urgente per le nostre comunità cristiane non è quello di inaugurare porte che si aprono verso l’interno degli spazi sacri. Il problema più drammatico dei nostri giorni è quello di aprire le porte che dall’interno del tempio, diano sulla piazza. È di questa simbologia che abbiamo bisogno per far capire che l’intimismo rassicurante delle nostre liturgie diventa incomprensibile e ambiguo se non si spalancherà sugli spazi del territorio profano. E per affermare che la forza del rito che celebriamo deve raggiungere le nostre strade, i luoghi di lavoro e di impegno, le nostre abitazioni e afferrare l’uomo nei cantieri del quotidiano. Io resto affascinato davanti a questa metafora di “un anno santo a rovescio”, di porte sante che si aprono verso l’esterno. È la visione della Chiesa di Papa Francesco. Sentiamo cosa ha risposto in un’intervista rilasciata a Civiltà Cattolica: “Di che cosa la Chiesa ha più bisogno in questo momento storico? Di una capacità di curare le ferite e riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. La prima riforma deve essere quella dell’atteggiamento. I ministri del Vangelo, coloro che lo annunciano, devono essere capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi”. Ci chiediamo: Siamo ancora una Chiesa capace di scaldare il cuore?. A questo siamo chiamati: a “uscire”, perché tutti possano godere del profumo di Gesù e del suo Vangelo.




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