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  15/09/2014 17:31


AUDIZIONE DELLA CARITAS NELLA III COMMISSIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE SU REGOLAMENTO PER RESIDENZE PER ADULTI IN STATO DI DISAGIO



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Nell'audizione svoltasi il 15 settembre 2014 della Terza Commissione del Consiglio regionale dell’Umbria con i soggetti interessati al Regolamento che disciplina le “strutture residenziali per persone adulte in situazione di degrado e marginalità sociale”, è emersa la richiesta di “non ingabbiare troppo chi si prodiga senza alcuno scopo di lucro per assistere i bisognosi, ma si utilizzi una certa elasticità”: la chiedono Caritas e Cooperative sociali, suggerendo di essere vincolati alle normative per le civili abitazioni piuttosto che al regolamento “16/2012” cui si richiama la proposta della Giunta regionale.

Testo integrale della nota

Nel regolamento regionale che disciplina le strutture residenziali per persone adulte in situazione di degrado e marginalità sociale “si utilizzi una certa elasticità per quelle che non ricevono contributi dalle istituzioni, ma semplicemente danno un pasto e un tetto a chi non ha nulla, non vincolandole al Regolamento '16/2012' ma piuttosto a quello, più generico, per le civili abitazioni”: lo hanno chiesto, stamani nell'audizione dei soggetti interessati da parte della Terza Commissione, Caritas e Cooperative sociali, chiedendo di “non ingabbiare troppo chi si prodiga senza alcuno scopo di lucro per assistere i bisognosi”.

La proposta di regolamento che è in discussione (“Disciplina in materia di autorizzazione al funzionamento dei servizi socio-assistenziali a carattere residenziale per le persone adulte in situazione di disagio e marginalità sociale”) è stata predisposta dalla Giunta per dare piena applicazione alla legge 26 del 2009 (Sistema integrato di interventi e servizi sociali) definendo le strutture di accoglienza sociale rivolte a persone adulte, anche con figli a carico, che vengono a trovarsi in situazioni di disagio e marginalità sociale. Strutture che già esistono nella nostra regione, ma non sono normate in alcun modo.

Nell'articolato si delineano due tipologie di strutture: le Comunità di accoglienza sociale, che sono residenze a bassa intensità assistenziale e con bassa complessità organizzativa, e le Strutture di pronta accoglienza, che sono strutture residenziali caratterizzate da elevata flessibilità organizzativa atte a soddisfare, in modo immediato e temporaneo, i bisogni primari di soggetti adulti privi del supporto di una rete familiare adeguata, anche con figli minori al seguito, mentre non è previsto che possano essere accolti minori se non accompagnati da adulti. In queste ultime strutture la durata della permanenza non dovrà essere superiore a 90 giorni salvo che non sia prevista una permanenza maggiore, regolata da accordi istituzionali, atta a consentire il completamento del percorso di recupero sociale, prevedendo anche l'inserimento del soggetto nella Comunità di accoglienza sociale. I requisiti richiesti sono: camere da letto singole, doppie e triple, zona pranzo e soggiorno, cucina e dispensa, un servizio igienico ogni 4 ospiti. Se la struttura ospita adulti con figli minori, anche per loro devono essere previsti spazi idonei. Il massimo di ricettività è fissato in 30 persone per ogni struttura, compresi i figli minori. Dovrà essere individuato un coordinatore di struttura e il personale dovrà essere qualificato, con esperienza almeno biennale nelle problematiche di questo tipo di utenza.

Gli operatori delle residenze di Caritas e Cooperative sociali, che non rientrano nelle categorie previste, hanno chiesto alla Commissione soltanto di essere autorizzati all'esercizio nell'ambito di un percorso condiviso con le istituzioni, con una certa elasticità per quanto concerne sicurezza e accessibilità, da normare sulla base del regolamento per le civili abitazioni. Ad esempio, è stato fatto notare, “nei gruppi appartamento per minori non ci sono bagni per disabili, perché rientrano nella normativa per le abitazioni. Siano perciò usate – questo hanno chiesto – regole di trasparenza e buon senso che non finiscano per ingabbiare troppo chi opera meritoriamente per aiutare chi si trova ai margini”. Chiesta anche l'inclusione, fra i requisiti per l'esercizio, di una alternativa tra titolo di studio e esperienza sul campo, per non penalizzare chi può dedicarsi alle attività con la dovuta competenza, ma non ha ancora maturato l'esperienza biennale richiesta dalla proposta della Giunta.

Osservazioni sono giunte anche dal direttore del Distretto sanitario Asl 1, Stefano Lentini, che, nel rimarcare come gli interventi di Caritas e Coop sociali siano ragionevoli, ha chiesto che non ci siano “recinti invalicabili dove non si controlla nulla”, facendo rilevare che in Umbria vi sono anche strutture di tipo diverso con costi a carico degli assistiti vicini ai cento euro al giorno”.

Il presidente della Commissione, Massimo Buconi, ha ricordato che “l'audizione odierna con associazioni, distretti e zone sociali serve anche a far emergere le varie tipologie di strutture che fino ad oggi, pur se già operanti, non sono conosciute dalle istituzioni, e che di tutto quanto emerso si terrà conto nel prosieguo dei lavori per arrivare alla definizione del regolamento”.




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