In tanti hanno partecipato alla veglia di Natale presieduta dal vescovo monsignor Domenico Sorrentino nella cattedrale di San Rufino. Nell'omelia il vescovo ha messo in evidenza la bellezza del bambino che nasce. "Il Bimbo di Betlemme - ha detto il vescovo - viene a perorare la causa di ogni bimbo del mondo. Chiede che ogni bimbo venga accolto, protetto e accompagnato. Una società senza bambini è una società senza futuro". L'omelia del vescovo Sorrentino: "“Un
bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”. Proviamo a
riflettere, in tre piccoli “tempi”, su questo mistero annunciato
già dal profeta Isaia. Natale:
mistero di nascita. Abbiamo
davanti agli occhi i nostri presepi Ma
possiamo anche pensare alla nascita di ogni bimbo del mondo. Ogni
bimbo che nasce porta il segno dell’amore di Dio. Ogni
uomo è ad immagine di Dio.
L’evento
di Betlemme, prima ancora di chiederci la fede, ci chiede uno sguardo
attento al mistero della nostra umanità. Un mistero da riscoprire,
in un tempo in cui anche in questo la società vive un profondo
smarrimento, diventando sempre più incapace di custodire e
alimentare le sorgenti stesse della vita.
Il
Bimbo di Betlemme viene a perorare la causa di ogni bimbo del mondo. Chiede
che ogni bimbo venga accolto, protetto e accompagnato. Una
società senza bambini è una società senza futuro.
Secondo
tempo.
Lo
sguardo si eleva. Diventa profondo. Si lascia stupire. Il
Bimbo di Betlemme può diventare, ed è, l’avvocato di tutti i
bambini del mondo perché un Bimbo speciale. Egli
non porta solo l’immagine di Dio. È Dio stesso in mezzo a noi. E
il Salvatore. L’atteso di Israele. L’atteso delle genti. Abbiamo
ascoltato nella prima lettura l’anelito dell’attesa. Un
popolo oppresso, icona di tutte le oppressioni, nella notte della sua
disperazione, vede accendersi una luce.
Una
luce promessa.
A
Betlemme quella luce si fa realtà.
La
luce del Natale è tutta all’insegna della concretezza.
C’è
un quadro storico. Un impero che domina. Un censimento che mette in
moto delle persone. Un falegname di Nazareth che si muove con la sua
sposa verso il borgo natio di Betlemme per farsi censire.
E poi
un parto. Dei pannolini. Una mangiatoia.
Infine
dei pastori che si mettono in cammino nel cuore della notte.
Tutto
sa di concretezza. Sembra di sentire la brezza e il freddo della
notte. Senti l’odore del latte e il belato delle pecore. Vedi un
bambino in braccio a sua Madre.
Dio,
l’invisibile, si fa vedere e si fa toccare.
È un
Dio che vagisce. Il suo pianto è come quello di tutti bimbi del
mondo. Il sorriso di Maria come quello di tutte le mamme del mondo. E
Giuseppe, che pur non ha dato a quel Bimbo un contributo di carne,
perché posto come segno del mistero, dà il contributo del suo
sguardo tenero e premuroso, pronto a farsi in quattro, persino a
farsi migrante, perché quel Bimbo possa essere difeso e custodito
di fronte all’urlo del male che non tarderà prendere il nome di
Erode, un re geloso e sanguinario.
Come
Maria e Giuseppe siamo chiamati a sostare in adorazione di fronte a
questo Bimbo.
Riconoscerlo
non solo come uomo, ma come Dio. È ciò che fa la differenza della
nostra fede. Ci chiamiamo cristiani per questo, solo per questo.
Terzo
tempo.
Sulla
grotta di Betlemme una moltitudine di angeli.
Essi
non fanno fatica a riconoscere in Gesù il loro Dio. Ma suppongo
siano tanto stupiti di vederlo ora nel volto di un bambino.
Il
cielo è ormai qui. Si è calato sulla terra. Quel Bimbo fa da
ponte, anzi, si trascina dietro il paradiso.
D’ora
in poi, se vuoi incontrare Dio, non hai bisogno di alzare gli occhi.
Devi piuttosto affinare lo sguardo per incontrarlo nel volto di ogni
uomo e di ogni donna, senza eccezione. Uomo o donna di ogni colore,
di ogni continente, di ogni condizione sociale. E se proprio vuoi
essere più certo di incontrarlo, cercalo tra tutti gli uomini e
tutte le donne che sono più fragili, più sofferenti, più
abbandonati, più soli.
Più
hanno bisogno di te, più sono abitati da Dio.
Da
grande Gesù lo dirà con forza, senza possibilità di equivoco: ero
affamato e mi avete dato da mangiare, ero assetato, e mi avete dato
da bere.
Ma già
nella grotta di Betlemme egli ci chiede questo allenamento a cercare
il suo volto in tutte le sofferenze del mondo.
E solo
nella misura in cui lo facciamo, si realizza per noi il grande
annuncio:
“vi
annuncio una grande gioia”.
Quella
gioia alla quale il tuo cuore anela. Non la troverai, no, nelle
ricchezze, nel potere, nel successo. Non la troverai
nell’indifferenza, nella diffidenza, nella guerra.
La
troverai solo nell’amore. Perché quel Bimbo è tutto e solo amore.
E con
l’amore, ricevuto e praticato, riceverai anche il dono della pace:
“Gloria
a Dio nel più alto dei cieli
e
sulla terra pace agli uomini che egli ama”.
|