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  16/11/2018 13:15

PERUGIA: DAL CONVEGNO “DIGNITà E LAVORO”. IL CARDINALE BASSETTI: «UN GIOVANE NON PUò ARRENDERSI». LE TESTIMONIANZE MOLTO SIGNIFICATIVE DI DUE TIROCINANTI DEL PROGETTO “SOSTENIAMO IL LAVORO” CHE HA DATO L’OPPORTUNITà A 16 GIOVANI E ADULTI DI INSERIRSI A LIVELLO LAVORATIVO NEL CORSO DEL 2018. GLI INTERVENTI DI DON IVAN MAFFEIS, EDI CICCHI, DON ANDREA LA REGGINA E DEL SOTTOSEGRETARIO DI STATO AL MINISTERO DEL LAVORO CLAUDIO COMINARDI.


«Cari studenti, cari giovani, la vostra presenza è per me motivo di gioia, perché siete i destinatari di questo convegno. Se la scuola che voi frequentate, e sono sicuro che se siete qui la frequentate con passione, se non ha questo scopo sarebbe come il Giro d’Italia senza traguardo». Ha esordito con queste parole il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nel suo intervento di saluto al convegno “Dignità e lavoro”, in svolgimento nel capoluogo umbro venerdì 16 novembre, promosso dalla Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve sulla scia del progetto “Sosteniamo il lavoro” finanziato dall’8xMille della Chiesa cattolica, che ha coinvolto diverse realtà produttive del territorio, offendo una prima opportunità occupazionale dignitosa ad alcuni giovani e adulti. E’ un progetto che proseguirà nei prossimi due anni dando ad altre 40 persone la possibilità di crearsi un lavoro dignitoso. Il cardinale Bassetti ha proseguito il suo breve intervento (sarà lui stesso a tenere le conclusioni del convegno) chiedendo ai numerosi giovani presenti «quale è il vostro traguardo? Una missione, un lavoro, un impegno, una professione, un continuare gli studi. L’attività umana è fondamentale per la vita e avete fatto bene a partecipare a questo convegno organizzato dalla nostra Caritas diocesana. Intervengono persone esperte e significative ed è presente anche il governo con il suo sottosegretario di Stato al lavoro, che ci daranno un incoraggiamento, soprattutto speranza, perché il lavoro non è un’attività umana e basta, il lavoro è qualcosa che fa parte della nostra persona. Io incontro spesso tanti giovani e non pochi di loro mi chiedono: “vescovo aiutami a trovare un lavoro, perché io mi sto arrendendo”. Un giovane che mi dice “mi sto arrendendo” è la preoccupazione più grande della mia vita. Se si arrende un anziano come me, che è abbastanza vicino al traguardo della vita…, ma un giovane non può arrendersi e quella speranza che tutti portiamo nel cuore deve concretizzarsi con il sostegno delle istituzioni chiamate a fare la loro parte affinché nessuno si arrenda, perché a tutti deve stare cuore il futuro di voi giovani. E questo “stare a cuore” è il grande messaggio che don Lorenzo Milani trasmetteva ai suoi ragazzi: “Tu mi premi perché prima di ogni cosa, della scuola, del lavoro, tu sei una persona che mi sta a cuore e il tuo bene diventa il mio bene. Lo Stato, la Chiesa non hanno altri beni se non quello di favorire la crescita umana e professionale di voi giovani per darvi una prospettiva nella vita». Sono intervenuti alla sessione plenaria del convegno (i lavori proseguiranno nel pomeriggio con la tavola rotonda e dei workshop per studenti su temi specifici) il sottosegretario di Stato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali Claudio Cominardi, don Ivan Maffei, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e sottosegretario della Cei, il referente di Caritas italiana don Andrea La Reggina, l’assessore comunale di Perugia alle politiche sociali Edi Cicchi, il segretario confederale CISL Andrea Cuccello, l’economista Leonardo Becchetti, ordinario presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, i manager di Umbragroup Spa e Gi Group Spa Carlo Odoardi e Antonio Bonardo, il direttore della Caritas di Perugia diacono Giancarlo Pecetti e due tirocinanti di “SoSteniamo il lavoro”, Camilla Bizzarri, presso l’azienda Agricolus, e Noura Koulali, presso la Conad di Castel del Piano (Pg). Molto significative sono state le testimonianze delle due tirocinanti, perché nel loro caso si è concretizzato il tema del convegno “Dignità e lavoro”. «Siamo state scelte perché donne, mogli e madri – hanno detto – e questo ci ha dato molta dignità, forza e speranza nel nostro lavoro sostenendoci nella gestione delle nostre famiglie e di noi stesse. In questo progetto abbiamo incontrato delle persone che hanno ascoltato le nostre difficoltà aiutandoci a superarle dandoci il loro sostegno. Siamo passate da un futuro molto incerto alla realizzazione del nostro sogno, quello di essere autonome trovando un lavoro dignitoso». Il progetto “SoSteniamo il lavoro”, frutto della collaborazione tra Caritas diocesana e gli Uffici diocesani per i problemi sociali e per la pastorale giovanile, proseguirà per altri due anni rivolto a 40 giovani e adulti di cui 10 con tirocini extracurriculari come nel 2018, 10 con un corso di formazione nel settore tessile, 10 con un corso di formazione nel settore “operatore programmatore cnc” e 10 con un corso per coloro che intenderanno aprire un’attività imprenditoriale sostenuti, se sarà possibile, dall’iniziativa del Prestito della Speranza di Caritas italiana. A illustrare come è nato il progetto “SoSteniamo il lavoro” e i risultati del suo primo anno di attività, è stato il direttore della Caritas perugina il diacono Giancarlo Pecetti. «Questo progetto è stata una piccola risposta alla disoccupazione giovanile, purtroppo oggi salita al 31% – ha commentato Pecetti –. Riteniamo che “SoSteniamo il lavoro” abbia raggiunto buoni risultati interessando 120 persone a presentare le domande per la selezione». Don Ivan Maffeis , direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e sottosegretario della Cei, nel coordinare il lavori della sessione plenaria del mattino ha evidenziato che «il recente Sinodo dei Vescovi dedicato ai giovani ha consegnato un documento dove, fotografando la realtà del Paese, elenca tra i punti di debolezza, che rischiano di minare il tessuto sociale, quello della difficoltà dei giovani ad entrare nel mondo del lavoro ed ancor più la loro esclusione dal lavoro. I vescovi raccomandano, quasi impongono alle comunità cristiane, di sostenere progetti a favore dell’imprenditorialità giovanile e ad investire risorse economiche per l’inclusione nel mondo del lavoro». Edi Cicchi , assessore comunale alle politiche sociali, nel portare il saluto del Comune di Perugia, ha detto che «i giovani fanno fatica a mettere su famiglia, il posto fisso non c’è più». Per questo «c’è bisogno di fare un’attività di sostegno all’imprenditoria in modo che i giovani possano trovare uno sbocco lavorativo anche attraverso le loro competenze e capacità redazionali. Quindi vanno sostenuti con più investimenti e incentivi e avvicinare di più la scuola al mondo del lavoro, oltre all’alternanza scuola-lavoro che in non poche situazioni non è strutturata in maniera che possa dare delle concrete prospettive». L’assessore ha concluso ricordando le parole del Papa quando ha parlato ai giovani di lavoro esortandoli a svolgerlo nel metterci «testa, mani e cuore». Don Andrea La Regina , referente di Caritas italiana, ha parlato di «ascolto e di relazioni, elementi fondamentali per avviare progetti concreti di sostegno a chi è in difficoltà nel trovare un’occupazione, come è stato fatto per il progetto “SoSteniamo il lavoro”. Oggi è sempre più necessario tutelare il diritto al lavoro e il diritto al credito, la fiducia, ma bisogna anche rendersi conto che la visione dell’economia deve essere modificata. Se non superiamo la logica di un’economia che si basa solo sul profitto, che crea disuguaglianza, noi rischiamo di non creare quel lavoro libero e ricreativo, rispettoso della dignità, quindi non riusciamo a dare risposte all’“SoS” del titolo del progetto “SoSteniamo il lavoro”. L’opera della Caritas italiana e diocesane non è solo quello di rispondere alle emergenze e alle povertà, ma di dare una visione culturale e valoriale che metta al centro la persona, che favorisca la dignità e che soprattutto dia una forma di accompagnamento. La Chiesa non può essere un centro per l’impegno, questo lo fanno le istituzioni dando forza a questo strumento, la Chiesa deve creare relazioni che diventino azioni a favore dello sviluppo umano integrale». Claudio Cominardi , sottosegretario di Stato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha incentrato il suo intervento sul reddito di cittadinanza, sostenendo, in sintesi, che «il lavoro è un tema centrale…, ma al centro va messa sempre la persona, perché sono decenni che si parla di disoccupazione e poco si fa per sostenere l’occupazione. Le Istituzioni europee lo chiedono attraverso una loro raccomandazione del 1992 rivolta agli Stati membri, quella di dotarsi di uno strumento di sostegno al reddito per contrastare le diseguaglianze». Basti pensare, ha detto il sottosegretario, che «le otto persone più ricche al mondo detengono l’equivalente della ricchezza della metà della popolazione mondiale (3,6 miliardi). Questi ricchi vivono nel lusso ma non potranno mai consumare quanto quei 3,6 miliardi di persone. Il reddito di cittadinanza, a mio avviso, è uno strumento fondamentale, ma da solo non è sufficiente. Questa riforma è fondamentale perché il reddito di cittadinanza è considerato come un riattivatore sociale e chi vi aderisce deve formarsi, dare delle ore del proprio tempo da mettere a disposizione delle comunità locali e dimostrare che sta cercando effettivamente lavoro. Parallelamente a questo provvedimento c’è quello strutturale della riforma dei Centri per l’impiego con lo stanziando annuale di un miliardo di euro». Il reddito di cittadinanza non è sufficiente, perché, ha detto Cominardi, «bisogno investire nell’innovazione. Siamo nell’era del digitale in cui si parla di intelligenza artificiale…, dove ormai quasi tutto si fa online ad iniziare dal conto in banca e dal prenotare un viaggio, ma bisogna gestire questo periodo di transizione con un sostegno al reddito che deve essere legato alla formazione perché siamo in un mondo in continua evoluzione. L’impresa non ha più la durata di un tempo, dove si tramandava di padre in figlio, ha una durata sempre più breve e nel periodo dove non si lavora bisogna garantire un reddito vitale».



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