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  18/11/2017 23:48

PERUGIA: AL VIA L’ASSEMBLEA DIOCESANA “PER UNA GIOIA PERFETTA. CAMMINARE INSIEME E TESTIMONIARE IL VANGELO”. IL CARDINALE BASSETTI HA ESORTATO AD ESSERE CHIESA IN MISSIONE, IN COMUNIONE E IN DIALOGO: «CHI DIALOGA VEDE NELL’ALTRO UN FRATELLO E QUINDI IL VOLTO DI CRISTO»


«Spirito missionario» e «comunione ecclesiale» sono i due aspetti sui quali il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha incentrato il suo intervento d’apertura della prima giornata dell’Assemblea diocesana dal titolo: “Per una gioia perfetta. Camminare insieme e testimoniare il Vangelo, in svolgimento a Perugia dal 17 al 18 novembre. «Due aspetti – ha detto il presule – che vogliono essere di stimolo per la vita della nostra Diocesi: innanzitutto, la necessità, anzi l’urgenza, di recuperare e valorizzare in modo autentico lo spirito missionario ; in secondo luogo, il bisogno, altrettanto urgente, di riscoprire la comunione ecclesiale tra le molte membra della Diocesi che costituiscono un unico e stupendo corpo ». Quest’Assemblea è vissuta come momento di sintesi e di discernimento della recente Visita pastorale (2013-2017) del cardinale Bassetti alle comunità parrocchiali delle 32 Unità pastorali dell’Archidiocesi perugino-pievese, che ha visto, nella sua giornata iniziale, presso il Centro Congressi “A. Capitini”, la partecipazione di oltre 600 persone tra delegati e “semplici” fedeli, seguita in streaming sul sito ufficiale della Diocesi ( www.perugia.it ), a cura del Servizio informatico diocesano. La video registrazione della prima giornata può essere vista sul canale YouTube dell’emittente diocesana Umbria Radio InBlu , che ha seguito i lavori della prima giornata e un ampio servizio di presentazione dell’Assemblea è pubblicato dal settimanale La Voce nel numero in edicola questo fine settimana. Non è più sufficiente suonare le campane… Occorre uscire dalle sacrestie e dagli episcopati. Ricordando quanto disse nel lontano 1957 l’allora cardinale di Milano Giovanni Battista Montini, nel lanciare una “Grande missione” nella sua Diocesi, il cardinale Bassetti non ha esitato a dire che «anche per la nostra Diocesi non è più sufficiente suonare le campane e aspettare che arrivino i fedeli in chiesa. Occorre uscire dalle sacrestie e dagli episcopi, è necessario andare tra “i templi della tecnica” dove vivono e lavorano le donne e gli uomini di oggi, ed è doveroso incontrare quelle persone fragili e abbandonate che vivono la drammatica solitudine esistenziale dei tempi odierni. Siamo dunque chiamati a farci annunciatori del Vangelo ovunque: nei centri storici delle nostre città e nei piccoli paeselli di campagna della nostra diocesi; tra i lavoratori delle poche fabbriche rimaste e tra i disoccupati e i precari che stanno per emigrare e lasciare la nostra terra; infine, tra tutti quegli uomini e quelle donne che popolano questi territori e che hanno smarrito il senso profondo della vita». Annunciare il Vangelo senza piegarlo alle proprie visioni culturali o addirittura politiche. «Lo stesso Montini, una volta diventato Papa Paolo VI – ha commentato il cardinale Bassetti –, in più occasioni esortò ogni uomo “a farsi missionario” e in una profetica esortazione apostolica - l’ Evangelii Nuntiandi del 1975, che papa Francesco ha ripreso e sviluppato nell’ Evangelii Gaudium - utilizzò le parole di san Paolo per definire lo spirito missionario della Chiesa: “L'impegno di annunziare il Vangelo agli uomini del nostro tempo” scrive Paolo VI è “per noi un ‘assillo quotidiano’, un programma di vita e d'azione, e un impegno fondamentale”. Questo assillo quotidiano è poi diventata la “nuova evangelizzazione” di san Giovanni Paolo II e oggi “l’annuncio gioioso” di Francesco che auspica addirittura una Chiesa in uscita capace di una totale “trasformazione missionaria”. Vorrei essere estremamente chiaro anche su questo punto: la missione a cui è chiamata la nostra Diocesi non può essere banalmente demandata ad un ufficio pastorale, ad una struttura diocesana o ad una cattedra teologica. Non si annuncia il Vangelo per decreto o con una conferenza. E non è neanche una questione riservata a specialisti del catechismo. Al contrario, è una questione che, in virtù del battesimo, ci riguarda tutti, perché, come scrive Francesco nell’ Evangelii gaudium , “tutti siamo discepoli missionari”. Questo “rinnovato impulso missionario” si riferisce, pertanto, ad ogni battezzato in Cristo e ci fa essere, come scrive il Papa, degli “evangelizzatori con spirito”… Il Vangelo va annunciato sine glossa senza piegarlo ai propri interessi o alle proprie visioni culturali o addirittura politiche. Questo significa, come aveva già intuito Paolo VI, che prima di essere dei maestri il Vangelo va annunciato sine glossa senza piegarlo ai propri interessi o alle proprie visioni culturali o addirittura politiche, siamo chiamati ad essere dei testimoni autentici dell’amore di Cristo perché l’uomo contemporaneo se «ascolta i maestri» lo fa soltanto «perché sono dei testimoni». Non fare proselitismo o fare numero, ma essere lievito e sale della terra. «La vera missione di oggi, come ha detto Francesco, non consiste dunque nel fare proselitismo o nel fare numero – ha sottolineato il cardinale –. Non abbiamo bisogno di masse acritiche. Siamo chiamati, invece, ad essere lievito e sale della terra, senza imporre fardelli pesanti sulle spalle delle persone e senza ridurre la “predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che evangeliche”. In definitiva, quello a cui tutta la nostra Diocesi è chiamata, consiste nel tornare ad annunciare il Vangelo, come ci esorta l’ Evangelii Gaudium , attorno al “primo annuncio o kerygma” , sperimentando nuove strade e nuovi luoghi di incontro e facendoci stupire dall’azione dello Spirito santo. Non possiamo rimanere fermi, infatti, alle tradizionali abitudini pastorali perché una Chiesa che non evangelizza è, di fatto - come ho già avuto modo di scrivere - “una Chiesa esangue, statica, senza spina dorsale e in fin dei conti una Chiesa morente”». Sinodalità esatto contrario del clericalismo. «Per far vivere concretamente questo spirito missionario – ha detto il presule, accingendosi a trattare il secondo aspetto della sua riflessione –, occorre un atteggiamento sinodale. La sinodalità , che in greco significa “andare sulla stessa strada”, è l’esatto contrario del clericalismo e prende forma nello sperimentare, concretamente, che la Chiesa è un corpo vivo, il corpo mistico di Cristo, e non un insieme di strutture burocratiche. Un corpo vitale, caratterizzato da una koinonia autentica: una comunione fraterna in cui le membra della Chiesa hanno la vocazione di essere in armonia tra di loro e condividono i doni, i carismi e i ministeri. Per fare tutto ciò, non esiste una formula matematica da applicare o una strategia pastorale studiata a tavolino. Quello che serve è la conversione pastorale evocata con forza da Papa Francesco e che consiste “nell’esercizio della maternità della Chiesa”. Si tratta di una vera conversione del cuore, del modo di pensare e del proprio modo di agire». Anche nella Chiesa il dialogo è più fruttuoso di ogni litigio. «La sinodalità – ha evidenziato il cardinale avviandosi alla conclusione – è dunque di fondamentale importanza perché “in questo tempo di particolarismi e allentamento dei legami ci può essere la tentazione di andare ciascuno per la propria strada. Isolarsi è spesso la tendenza del mondo contemporaneo. Una tendenza che può entrare anche all’interno della Chiesa ma che va allontanata con decisione: un corpo è vivo solo se tutte le membra cooperano tra loro. Nessun membro del corpo può vivere da se stesso”. Nella nostra Diocesi, per essere autenticamente un corpo vivo, è necessario che ogni parte si metta in contatto con l’altra, cioè che venga costruita una relazione. E per costruire una relazione è necessario parlare. Ma parlare in verità. Anzi, come ripete spesso il Papa, parlare con parresia . In definitiva, per costruire una comunione autentica in un corpo vivo è fondamentale che ogni parte del corpo sia capace di dialogare. Ecco l’ultima parola che stasera raccomando a tutta l’Assemblea diocesana: il dialogo . Il dialogo è più fruttuoso di ogni litigio. E “l’unità prevale sul conflitto” come scrive Francesco.Cari fratelli e sorelle, proprio per valorizzare la complessa pluralità di carismi che formano il corpo vivo della nostra Diocesi, è fondamentale saper dialogare. Chi dialoga vede nell’altro un fratello e quindi il volto di Cristo. E solo in questo modo si può realizzare il testamento di Gesù: ut unum sint , “perché tutti siano una sola cosa”».



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