“Giovani
e vocazione: come far crescere la sensibilità vocazionale” e “Digital Wisdom:
forme di sapienza e discernimento per esistenze digitali” sono stati i temi
trattati alla partecipata Giornata di formazione per sacerdoti, seminaristi e
religiosi tenutasi ad Assisi, presso il Pontificio Seminario Umbro “Pio XI”,
mercoledì 25 ottobre. A questa Giornata, promossa dall’Ufficio Ceu per la
Pastorale delle vocazioni, hanno preso parte un centinaio di persone tra
sacerdoti, religiosi, religiose, diaconi e seminaristi provenienti dalle otto
Diocesi umbre ed anche da fuori regione. La notizia dell’annuncio di questo
appuntamento, pensato in vista dell’atteso Sinodo dei Vescovi 2018 voluto da
papa Francesco sui giovani, ha raggiunto tanti “addetti ai lavori” e non solo,
grazie al “passa parola” sui social network ma anche ad alcuni quotidiani
online umbri. In uno dei più cliccati al giorno quest’argomento ha ottenuto
oltre cento “mi piace”, un dato che testimonia l’interesse per un tema come la
vocazione.
Relatori
di questa Giornata di formazione sono stati padre Amedeo Cencini, presbitero e
psicoterapeuta dell'ordine dei Canossiani, particolarmente noto per le sue
numerose pubblicazioni di psicologia della formazione, e padre Paolo Benanti,
francescano del Terzo Ordine Regolare (TOR), docente presso la Pontificia
Università Gregoriana, esperto di etica, bioetica ed etica delle tecnologie.
Padre
Cencini ha detto che «fare l'animatore vocazionale non è essere un esperto che
sa tutto di pastorale, ma come fare la proposta vocazionale perché susciti un
cammino, un processo che poi giunga alla propria identità, vocazione, due
termini sovrapponibili l'uno all'altro. C'è una cultura che scoraggia, che non
apre percorsi in questa direzione, che chiude questi sentieri e non possiamo
prendercela solo con la generazione di oggi. Chi fa una scelta ha sempre il
“piano B”. Il matrimonio è la metafora della vita umana... C'è un altro
elemento da calcolare: per scegliere c'è bisogno di una cultura intorno a se
che mi dica che c'è qualcosa che è più bello di qualcos'altro. Se tutto è
uguale a tutto non c'è più niente che mi spinga a scegliere. Non c'è un
prioritario che possa meritare di dare la vita. La crisi vocazionale c’è,
perché non c'è niente da scegliere».
Padre
Cencini si è soffermato su come tirare fuori un giovane da questo «letargo
decisionale». Per questo, ha sottolineato, «desiderare vuol dire concentrare
tutte le proprie energie nella tensione verso qualcosa che l'individuo sente
come centrale, come prioritario, significativo, che dà senso ai miei giorni, al
punto che se la concentrazione energetica è come la pressione delle acque sulle
pareti di una diga, la decisione è il punto di rottura della diga».
Il relatore si è posto una domanda: «Come fare per attivare oggi, nell'epoca
delle passioni tristi, questo desiderio così intenso da rompere la diga
dell'inerzia?». La risposta, sempre secondo padre Cencini, va trovata nella
«sensibilità» che «è ciò che ci fa trovare interesse per la vita, ciò che ci fa
vivere le relazioni in un certo modo, ci fa superare le difficoltà. La
sensibilità è fatta di sensi esterni, di sensazioni, di gusti, di desideri, di
criteri di scelta, di pensieri, di passioni. È lì che si deve intervenire, ma è
difficile che i nostri programmi formativi abbiano una formazione alla
sensibilità». Per questo «dobbiamo agire sulla sensibilità vocazionale, che
parte da molto lontano…, quell'orientamento interiore che nasce dal desiderio
del tutto naturale di cercare il proprio posto nella vita o il senso della
vita». Inoltre, ha evidenziato padre Cencini, «di porsi in ascolto di quanto
possa aiutare nella ricerca e che dà il coraggio di decidere in libertà e
responsabilità. La libertà è prendere in mano la propria esistenza e fare una
scelta a ragion veduta. Potremmo dire che fare animazione vocazionale significa
suscitare questo tipo di sensibilità. L'animatore vocazionale è un chiamato che
diventa chiamante. Si parla del semplice credente che si fa carico del percorso
di un altro, che suscita nel giovane un atteggiamento di disposizione interiore
che implichi altri livelli o ambiti di sensibilità fino a decidere».
Padre
Paolo Benanti, in sintesi, ha ricordato che «ogni epoca ha conosciuto le sue
sfide e quella odierna è caratterizzata dalla sfida della verità e del senso
della vita in cui il digitale ci fa interrogare su cosa significa vivere e
vivere veramente fino in fondo. La vocazione non è una cosa che deve avere
paura della sfida digitale, ma è la risposta a questa sfida. Le vocazioni, in ogni
stagione della Chiesa, dicono che in mezzo alle peripezie della storia umana
c’è un Dio che si incarna, che vuole farsi storia e strada nella vita delle
persone».
«Nell’epoca
del digitale, dove tutto è fluido, dove tutto cambia – ha sottolineato il francescano
–, ma dove tutto è salvato per sempre in cui le informazioni su di noi
diventano una sorta di tatuaggi digitali, le vocazioni sono chiamate a ridire a
questa stagione, a queste persone che vivono nel nostro presente, che “il per
sempre” è Dio che ci salva e che ci fa santi. Scoprire la santità nell’epoca
del digitale è un rischio che vale tutta la vita, è un rischio esistenziale ma
non è un pericolo. Come la Chiesa possa abitare, annunciare la bellezza della
vocazione in questa stagione è la base che ci siamo detti oggi: questo
orizzonte tutto da vivere, tutto da capire, da decifrare e tutto da
accompagnare».
Don
Alessandro Scarda, direttore dell’Ufficio Ceu per la Pastorale delle vocazioni,
nel tracciare un “bilancio” di questa giornata di formazione, ha evidenziato
che «la vocazione ha oggi molte frontiere che deve affrontare nelle quali
dobbiamo accedere e non dobbiamo farci trovare impreparati rispetto a quelle
che sono le sfide del momento. Una delle difficoltà odierne è anche quella di
annunciare il Vangelo e la vita come vocazione ai ragazzi, che oggi sono i
cosiddetti “nativi digitali”. Questi ragazzi che prima di dire mamma l’hanno
già postato fu face book, conoscono molto bene il mondo dei social network e
bisogna imparare da loro ad incontrarli anche in queste realtà virtuali per
portarli nel reale, perché la nostra vita è molto concreta. C’è il pericolo che
si confonda il concreto, il reale con ciò che è virtuale; un pericolo che è
sempre più presente ed urgente da affrontare e non possiamo tirarci indietro
dinanzi a questa sfida».
«E’
stata una giornata impegnativa e fruttuosa anche perché – ha concluso don
Alessandro Scarda – hanno partecipato molte delle realtà di vita consacrata
presenti in Umbria e non solo. Per noi questa giornata, oltre ad essere
un’occasione di formazione, è anche occasione per stare insieme, conoscersi e
fare comunione e per unire le forze in questa sfida dell’evangelizzazione. Oggi
abbiamo imparato anche dai nostri relatori che annunciare la bellezza della
vocazione di pari passo con l’annuncio della stessa evangelizzazione è
fondamentale».
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