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  25/10/2017 19:00


Giornata di formazione per sacerdoti, seminaristi e religiosi promossa dall’Ufficio Ceu per la Pastorale delle vocazioni in preparazione al Sinodo dei Giovani 2018. Dai relatori padre Cencini e padre Benanti le esortazione a «formarsi alla sensibilità, è ciò che ci fa trovare interesse per la vita» e a «scoprire la santità nell’epoca del digitale è un rischio ma non un pericolo»



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“Giovani e vocazione: come far crescere la sensibilità vocazionale” e “Digital Wisdom: forme di sapienza e discernimento per esistenze digitali” sono stati i temi trattati alla partecipata Giornata di formazione per sacerdoti, seminaristi e religiosi tenutasi ad Assisi, presso il Pontificio Seminario Umbro “Pio XI”, mercoledì 25 ottobre. A questa Giornata, promossa dall’Ufficio Ceu per la Pastorale delle vocazioni, hanno preso parte un centinaio di persone tra sacerdoti, religiosi, religiose, diaconi e seminaristi provenienti dalle otto Diocesi umbre ed anche da fuori regione. La notizia dell’annuncio di questo appuntamento, pensato in vista dell’atteso Sinodo dei Vescovi 2018 voluto da papa Francesco sui giovani, ha raggiunto tanti “addetti ai lavori” e non solo, grazie al “passa parola” sui social network ma anche ad alcuni quotidiani online umbri. In uno dei più cliccati al giorno quest’argomento ha ottenuto oltre cento “mi piace”, un dato che testimonia l’interesse per un tema come la vocazione.

Relatori di questa Giornata di formazione sono stati padre Amedeo Cencini, presbitero e psicoterapeuta dell'ordine dei Canossiani, particolarmente noto per le sue numerose pubblicazioni di psicologia della formazione, e padre Paolo Benanti, francescano del Terzo Ordine Regolare (TOR), docente presso la Pontificia Università Gregoriana, esperto di etica, bioetica ed etica delle tecnologie.

Padre Cencini ha detto che «fare l'animatore vocazionale non è essere un esperto che sa tutto di pastorale, ma come fare la proposta vocazionale perché susciti un cammino, un processo che poi giunga alla propria identità, vocazione, due termini sovrapponibili l'uno all'altro. C'è una cultura che scoraggia, che non apre percorsi in questa direzione, che chiude questi sentieri e non possiamo prendercela solo con la generazione di oggi. Chi fa una scelta ha sempre il “piano B”. Il matrimonio è la metafora della vita umana... C'è un altro elemento da calcolare: per scegliere c'è bisogno di una cultura intorno a se che mi dica che c'è qualcosa che è più bello di qualcos'altro. Se tutto è uguale a tutto non c'è più niente che mi spinga a scegliere. Non c'è un prioritario che possa meritare di dare la vita. La crisi vocazionale c’è, perché non c'è niente da scegliere».

Padre Cencini si è soffermato su come tirare fuori un giovane da questo «letargo decisionale». Per questo, ha sottolineato, «desiderare vuol dire concentrare tutte le proprie energie nella tensione verso qualcosa che l'individuo sente come centrale, come prioritario, significativo, che dà senso ai miei giorni, al punto che se la concentrazione energetica è come la pressione delle acque sulle pareti di una diga, la decisione è il punto di rottura della diga».

           Il relatore si è posto una domanda: «Come fare per attivare oggi, nell'epoca delle passioni tristi, questo desiderio così intenso da rompere la diga dell'inerzia?». La risposta, sempre secondo padre Cencini, va trovata nella «sensibilità» che «è ciò che ci fa trovare interesse per la vita, ciò che ci fa vivere le relazioni in un certo modo, ci fa superare le difficoltà. La sensibilità è fatta di sensi esterni, di sensazioni, di gusti, di desideri, di criteri di scelta, di pensieri, di passioni. È lì che si deve intervenire, ma è difficile che i nostri programmi formativi abbiano una formazione alla sensibilità». Per questo «dobbiamo agire sulla sensibilità vocazionale, che parte da molto lontano…, quell'orientamento interiore che nasce dal desiderio del tutto naturale di cercare il proprio posto nella vita o il senso della vita». Inoltre, ha evidenziato padre Cencini, «di porsi in ascolto di quanto possa aiutare nella ricerca e che dà il coraggio di decidere in libertà e responsabilità. La libertà è prendere in mano la propria esistenza e fare una scelta a ragion veduta. Potremmo dire che fare animazione vocazionale significa suscitare questo tipo di sensibilità. L'animatore vocazionale è un chiamato che diventa chiamante. Si parla del semplice credente che si fa carico del percorso di un altro, che suscita nel giovane un atteggiamento di disposizione interiore che implichi altri livelli o ambiti di sensibilità fino a decidere».

Padre Paolo Benanti, in sintesi, ha ricordato che «ogni epoca ha conosciuto le sue sfide e quella odierna è caratterizzata dalla sfida della verità e del senso della vita in cui il digitale ci fa interrogare su cosa significa vivere e vivere veramente fino in fondo. La vocazione non è una cosa che deve avere paura della sfida digitale, ma è la risposta a questa sfida. Le vocazioni, in ogni stagione della Chiesa, dicono che in mezzo alle peripezie della storia umana c’è un Dio che si incarna, che vuole farsi storia e strada nella vita delle persone».

«Nell’epoca del digitale, dove tutto è fluido, dove tutto cambia – ha sottolineato il francescano –, ma dove tutto è salvato per sempre in cui le informazioni su di noi diventano una sorta di tatuaggi digitali, le vocazioni sono chiamate a ridire a questa stagione, a queste persone che vivono nel nostro presente, che “il per sempre” è Dio che ci salva e che ci fa santi. Scoprire la santità nell’epoca del digitale è un rischio che vale tutta la vita, è un rischio esistenziale ma non è un pericolo. Come la Chiesa possa abitare, annunciare la bellezza della vocazione in questa stagione è la base che ci siamo detti oggi: questo orizzonte tutto da vivere, tutto da capire, da decifrare e tutto da accompagnare».

Don Alessandro Scarda, direttore dell’Ufficio Ceu per la Pastorale delle vocazioni, nel tracciare un “bilancio” di questa giornata di formazione, ha evidenziato che «la vocazione ha oggi molte frontiere che deve affrontare nelle quali dobbiamo accedere e non dobbiamo farci trovare impreparati rispetto a quelle che sono le sfide del momento. Una delle difficoltà odierne è anche quella di annunciare il Vangelo e la vita come vocazione ai ragazzi, che oggi sono i cosiddetti “nativi digitali”. Questi ragazzi che prima di dire mamma l’hanno già postato fu face book, conoscono molto bene il mondo dei social network e bisogna imparare da loro ad incontrarli anche in queste realtà virtuali per portarli nel reale, perché la nostra vita è molto concreta. C’è il pericolo che si confonda il concreto, il reale con ciò che è virtuale; un pericolo che è sempre più presente ed urgente da affrontare e non possiamo tirarci indietro dinanzi a questa sfida».

«E’ stata una giornata impegnativa e fruttuosa anche perché – ha concluso don Alessandro Scarda – hanno partecipato molte delle realtà di vita consacrata presenti in Umbria e non solo. Per noi questa giornata, oltre ad essere un’occasione di formazione, è anche occasione per stare insieme, conoscersi e fare comunione e per unire le forze in questa sfida dell’evangelizzazione. Oggi abbiamo imparato anche dai nostri relatori che annunciare la bellezza della vocazione di pari passo con l’annuncio della stessa evangelizzazione è fondamentale».


Allegato:
interviste direttori diocesani.mp3


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