Il
cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, lo scorso 13 settembre, si è recato
con il Clero diocesano di Perugia-Città della Pieve in pellegrinaggio a
Barbiana, nel comune di Vicchio (Fi), in visita ai luoghi di don Lorenzo Milani,
sacerdote morto nel 1967, cinquanta anni fa. Figlio di una agiata famiglia
borghese fiorentina, don Milani consacrò la sua vita a Dio nel servizio ai
piccoli, fondando una celeberrima scuola nella parrocchia di Barbiana, di cui
fu priore dal 1954 fino alla morte. Ha accompagnato il presule un nutrito
gruppo di seminaristi, sacerdoti e diaconi, tra cui cinque dei sei diaconi
ordinati la sera precedente nella cattedrale di San Lorenzo.
All’arrivo
a Vicchio, il cardinale è stato accolto da una piccola ma significativa
delegazione formata dal sindaco Roberto Izzo e dal parroco don Giuliano
Landini, entrambi ben noti al porporato per i suoi trascorsi incarichi
nell’Arcidiocesi di Firenze. Il gruppo si è quindi recato nella chiesetta ed
annessa canonica dove don Milani gestiva la scuola per la quale ha speso tante
energie.
Particolarmente
evocativa è stata la testimonianza resa sul posto da Nevio Santini, ex allievo
di don Milani, che attraverso vari aneddoti di quegli anni ha tratteggiato la
figura del sacerdote fiorentino e il suo metodo pedagogico. Più volte è stato
sottolineato come, oltre all’enorme impegno profuso nell’insegnamento delle
discipline scolastiche o nell’avviamento al lavoro dei suoi ragazzi, don
Lorenzo Milani era uomo di profondissima preghiera.
Nell’omelia
della celebrazione eucaristica, officiata sullo stesso altare dove don Milani
ogni giorno celebrava Messa, il cardinale ha voluto ricordare alcuni tratti
essenziali del carisma del sacerdote fiorentino rifacendosi ad alcune sue
lettere. Rivolgendosi ai suoi sacerdoti, diaconi e seminaristi, Bassetti ha
fatto sue le parole che Milani scrisse alla madre nel dicembre del 1954, quando
questa cercava di fare in modo che il figlio fosse spostato da quella piccola
parrocchia, non adeguata al suo spessore culturale: «la grandezza d’una vita
non si misura dalla grandezza del luogo in cui si è svolta, ma da tutt’altre
cose. E neanche le possibilità di far del bene si misurano sul numero dei
parrocchiani».
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