«Cento
anni fa, un modo nuovo di intendere la pace comparve sulla scena
pubblica del mondo contemporaneo. E poche affermazioni tratte da
documenti pontifici hanno avuto una così grande influenza storica
come quella scritta da Benedetto XV il 1° agosto del 1917, quando, a
tre anni dallo scoppio della prima guerra mondiale, si appellò ai
“capi dei popoli belligeranti” per fermare un conflitto
sanguinoso che “ogni giorno più” appariva “come un’inutile
strage”». Inizia con queste parole, l’ultimo articolo del
cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero
Bassetti intitolato «Una nuova teologia della pace», pubblicato da
«L’Osservatore Romano» del 31 luglio – 1° agosto e
consultabile sul sito: www.osservatoreromano.va.
Una preziosa eredità
Secondo il presule
perugino quelle parole hanno lasciato una preziosa eredità alla
società odierna. Per almeno due motivi. Prima di tutto, «per il
giudizio durissimo sulla guerra». I conflitti moderni, infatti, da
quel momento in poi, avrebbero coinvolto sempre più anche i civili
«producendo, di fatto, un unico risultato significativo: la morte di
milioni di persone innocenti». In secondo luogo, quelle parole
segnarono l’inizio dell’elaborazione di una nuova teologia della
pace che, afferma Bassetti, «non si fonda sulla base di vaghi
propositi ideali, ma su indiscutibili principi evangelici: la
giustizia, la carità e l’incalpestabile dignità della persona
umana».
Difendere la pace con
tutte le nostre forze
Questa preziosa
eredità, che è stata poi sviluppata da papa Giovanni XXIII, il
Concilio Vaticano II e i successivi pontefici, «va difesa con tutte
le nostre forze». In particolare, «Va difesa da coloro che, in modo
vile e meschino, compiono dei brutali atti terroristici contro
l’umanità innocente. Va difesa da chi provoca le guerre per una
volontà di potenza, di conquista e per interessi economici. E va
sostenuta anche con coloro che nel dibattito pubblico sbeffeggiano la
pace come un’idea buonista, frutto di un pensiero debole e in nome
di un inevitabile scontro di civiltà».
Cercare la pace è un
esercizio eroico
L’Arcivescovo di
Perugia, infine, conclude il suo articolo con un forte messaggio di
speranza: «Occorre dirlo con chiarezza: cercare la pace non è il
prodotto di una civiltà decadente con un’identità fragile. È
vero esattamente il contrario: cercare la pace è un esercizio
eroico, che richiede un impegno enorme, incessante, quotidiano, e che
richiede una forza diversa da quella militare: è la forza della
fede; la forza del dialogo; e, come scriveva Benedetto XV, la “forza
morale del diritto”. Dunque, è questo il tempo di difendere
l’impegno per la pace con coraggio, determinazione e mitezza.
Cercando di fornirle anche nuovi significati e un rinnovato
linguaggio. Con un unico grande obiettivo: superare tutte le inutili
stragi del mondo attuale».
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