E’
in svolgimento a Perugia (17-22 luglio), nella “Sala San Francesco”
dell’arcivescovado, il “Summer media camp” rivolto a giovani dai 18 ai 30 anni
con la passione per i media ecclesiali e non solo, con laboratori full immersion
in studio e in redazione e con condivisione di esperienze. L’iniziativa è stata
organizzata dalla Commissione regionale per le comunicazioni sociali della Ceu
su proposta del suo presule delegato, mons. Paolo Giulietti, vescovo ausiliare
di Perugia-Città della Pieve. Si tratta di un corso formativo con incontri
tenuti da professionisti e docenti universitari inerenti a vari ambiti della
comunicazione sociale (carta stampata, radio, televisione, Internet,
fotografia…) e con visite guidate ai media ecclesiali umbri (La Voce, Umbria
Radio e il quotidiano onlinewww.umbriaoggi.news). Tra i relatori anche don Ivan Maffeis,
direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e sottosegretario
della Conferenza episcopale italiana (Cei).
Il “Summer media camp” ha ricevuto il plauso e
l’incoraggiamento del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, che
ha salutato i giovani partecipanti e gli operatori dei media ecclesiali umbri il
18 luglio, in occasione della “lezione” di don Maffeis. Il direttore
dell’Ufficio nazionale Cei ha offerto non pochi spunti di
riflessione-approfondimento su diversi ambiti della Comunicazione della Chiesa,
ricordando ai partecipanti quanto disse papa Francesco ai giornalisti, i primi
ad aver dato udienza dopo la sua elezione: «Studiare tanto, essere sensibili e
fare tesoro dell’esperienza».
Soffermandosi
sulla necessità di un ripensamento-rilancio, nell’era della “rete”, dei media
anche locali, don Maffeis è convinto che «la forza dei nostri mezzi della
comunicazione sociale sono i territori e le parrocchie sono importanti punti di
osservazione-ascolto per raccontare la vita delle persone. E’ una vita di
affetti e di sofferenze umane e materiali, ma anche di gioie e di speranze. Si
tratta di vite che vanno raccontate e un giornalista cristiano ha uno sguardo a
360 gradi della realtà e non ha paura a parlare dei problemi del lavoro, che si
fa fatica a trovarlo, di povertà e miserie non solo economiche, di sanità, di
scuola, di famiglia…». Occorre, ha ribadito don Maffeis, «dare voce al
territorio nella maniera più pulita e affascinante», perché, «nel tempo di
facebook la Chiesa ha qualcosa che altri non hanno, il radicamento sul
territorio e dando voce alla sua gente fa davvero la differenza».
Don
Maffeis, rivolgendosi ai giovani del “Summer media camp”, ha detto loro: «non
basta aprire un profilo social, occorre abitare la “rete” con testimonianze di
vita». Tra gli esempi di quanto la “reta” riesce a comunicare in positivo,
quello che ha visto protagonista la vedova del giudice Paolo Borsellino,
Agnese, menzionata a Perugia da don Maffeis, forse senza volerlo, il giorno
della vigilia del 25° anniversario della strage di via D’Amelio in Palermo (19
luglio 1992 - 19 luglio 2017). «Agnese Borsellino – ha raccontato il sottosegretario
della Cei – voleva lasciare ai nipoti un ritratto del nonno, la parte meno
conosciuta, quel nonno che andava a messa tutte le mattine prima di recarsi al
lavoro...». E’ riuscita a farlo con il suo libro Ti racconterò tutte le
storie che potrò, frutto di un dialogo, attraverso la “rete”, tra la stessa
autrice e diverse migliaia di iscritti alla sua pagine facebook creata dal
giornalista Salvo Palazzolo, coautore del libro. «Grazie alla “rete” Agnese
Borsellino – ha evidenziato don Maffeis – è arrivata dappertutto nonostante la
sedia a rotelle e il male che poi l’avrebbe portata alla morte». Sono tanti gli
esempi, ha detto il direttore dell’Ufficio Cei avviandosi alla conclusione, che
testimoniano come «la “rete” ci permette di dire la nostra, di fare memoria e
cultura e questo pone domande anche alla nostra Chiesa».
|