L'omelia del vescovo Ceccobelli: "Carissimi, siamo in tanti: il cardinale Ennio,
già vescovo di Gubbio, i confratelli vescovi dell’Umbria, il sindaco di Gubbio
Filippo, il sindaco della città natale Umbertide Marco, i sindaci dei Comuni
della diocesi, le autorità civili e militari, il popolo eugubino. Siamo tutti
qui a salutare il vescovo Pietro, un vero protagonista della vita della Chiesa
eugubina. Ordinato
prete l’1 ottobre 1950, Pietro Bottaccioli è stato stretto collaboratore del
vescovo Beniamino Ubaldi e lo ha accompagnato con la sua Fiat 500 alle sessioni
del Concilio Vaticano II, traendone un’esperienza fondamentale. Ѐ stato padre
spirituale in seminario, parroco in questa parrocchia di San Domenico, poi in
quella del Cristo Risorto di Umbertide dove ha edificato la nuova chiesa e
fondato la radio parrocchiale ancora in funzione, ha svolto le mansioni di
rettore del Seminario regionale di Assisi e infine è stato nominato vescovo di
questa diocesi. Ha
costantemente collaborato con il settimanale “La Voce”, che ha sempre sostenuto
considerandolo strumento importante per le diocesi umbre e ha ottenuto la
tessera di giornalista pubblicista. Ha lavorato con scrupolo e competenza
presso il Tribunale Ecclesiastico Umbro come difensore del vincolo. Pietro,
uomo di fine intelligenza e di grande cultura ha predicato e tenuto conferenze
non solo nella sua diocesi ma anche in varie località dell’Umbria e
dell’Italia. Ha insegnato religione nelle scuole pubbliche e ancora molti
eugubini ricordano con ammirazione e gratitudine i suoi insegnamenti. Si è
impegnato con passione nelle attività
con i giovani, nei campi scuola, in gite e vacanze sui monti del nostro
Appennino. I
molti carismi di cui lo Spirito lo aveva fornito sono stati valorizzati e
trasformati in servizi per le comunità a lui affidate e per la Chiesa italiana.
Ha sostenuto iniziative validissime, utili non solo sul piano religioso, ma
anche su quello civile, dimostrando la sua sollecitudine e fattiva
collaborazione per il bene comune. Ѐ
giunta infine l’età della pensione. Il
23 dicembre 2004, alle ore 12, negli episcopi di Perugia e di Gubbio fu letta
la mia nomina a vescovo di Gubbio e nel mio primo messaggio alla Chiesa di
Gubbio, inviato pochi minuti prima via fax al vescovo Pietro, oltre a
manifestare la sorpresa per la nomina e il timore per il compito che mi veniva
assegnato, esprimevo la mia fiducia nell’aiuto del Signore, dei Santi di questa
diocesi, in particolare di sant’Ubaldo, poi aggiungevo: “Sono
certo che mi aiuterà il carissimo vescovo Pietro, che ho già pregato di
accogliermi in episcopio per vivere insieme. Debbo imparare da lui e anche da
voi a fare il vescovo, a conoscere la vostra antica e venerata Chiesa, le
vostre tradizioni …”. Il
vescovo Pietro aveva già iniziato il trasloco, perché intendeva trasferirsi in
seminario e lasciarmi tutta la casa, e quando gli proposi di rimanervi con me
provò una grande gioia. Ricordo
anche le parole che usò al momento di consegnarmi il Pastorale, il segno non
certo del comando come veniva inteso prima del Concilio Ecumenico Vaticano II,
ma il segno del servizio: “Ora
sei tu il vescovo di Gubbio, e usando il vocabolario ceraiolo aggiunse “sei tu
che devi portare il cero, io ti farò da braccere”. Questa
mia decisione di vivere insieme ha avuto consensi unanimi da parte dei fedeli,
qualche critica invece l’ho ricevuta da qualche presbitero che temeva influenze
e interferenze, ma posso affermare in coscienza che questo non è mai avvenuto. In
questi 12 anni di vita comune Pietro è rimasto sempre fedele al ruolo di
braccere e non è mai intervenuto per darmi indicazioni. Solo se richiesto, e a
fatica, esprimeva il suo pensiero, perché aveva un sacro rispetto della libertà
del vescovo. In
questi dodici anni abbiamo condiviso sempre la preghiera, la mensa, le
assemblee della CEI, i convegni e spesso anche le vacanze. Dopo la morte del
suo confessore, mons. Venanzio Lucarini, mi ha chiesto anche di donargli il
perdono del Signore nel sacramento della Riconciliazione. Con
entusiasmo ha accolto il mio invito a scrivere la storia della Chiesa eugubina,
un’opera che l’ha impegnato per circa cinque anni. Ha lavorato notte e giorno,
si è documentato servendosi di numerose fonti, ha svolto approfondite ricerche
nell’archivio diocesano leggendo tutte le relazioni delle visite pastorali dei
vescovi degli ultimi tre secoli. Ci ha lasciato un’opera importante che
inserisce la storia della nostra diocesi nella storia più ampia dell’Italia e
dell’Europa.Nel
venticinquesimo anniversario della sua ordinazione episcopale, partendo da una
mia idea, al vescovo Pietro è stato offerto un libro che raccoglie le tante
espressioni di stima, di gratitudine e di affetto della comunità e degli amici.
Un dono che dimostra quanto abbiano inciso negli animi il suo esempio, la sua
calda comunicativa, la sua cultura, la sua testimonianza, le sue parole. Nel
suo ultimo testamento del 28 giugno 2007, meditando un testo di San Bernardo,
Egli si affidava alla misericordia del Signore e così scriveva dimostrando la
sua saldissima e lucida fede e il suo spirito di riconoscenza e di carità: «Io
spero di essere accolto dalla Misericordia di Dio nella sua beata eternità
anche se in vita “fui preso da timore a da paura pensando ai miei peccati e
alle mie infedeltà che hanno accompagnato il mio ministero presbiterale e
vescovile, ma quando mi ricordai della forza della tua mano e dell’abbondanza
delle tue misericordie riacquistai vigore e mi alzai, il mio spirito divenne
forte e mi appoggiai sulle tue benevolenze e sull’abbondanza delle tue
misericordie. Tu infatti cancelli le iniquità e con la tua giustizia purifichi
dalla colpa i figli dell’uomo . . . nella tua bontà c’è abbondanza di perdono e
le tue misericordie sono per tutti i figli del tuo beneplacito . . . mio merito
è perciò
la Misericordia di Dio. Non sono certamente povero di meriti finché Lui sarà
ricco di misericordia”».
Poi
continuava: «Confido che nell’ora della mia morte mi vengano incontro la
Vergine Santissima con sant’Ubaldo, i martiri Mariano e Giacomo e la mia
carissima sorella Stellina, che tutte le sere ho invocato. Confido che mi
accompagni il suffragio di tante persone buone che mi hanno voluto bene. Io le
porto nel mio cuore ricambiando la loro preghiera. Con loro porto nel cuore i
fedeli della parrocchia di S. Martino in Gubbio e di Cristo Risorto in
Umbertide, i seminaristi del Seminario Regionale di Assisi che ebbi come alunni
da rettore, i confratelli sacerdoti della Diocesi di Gubbio, i miei confessori
da quando ero bambino fino ad oggi cui ho fatto esercitare tanta pazienza. Un
ringraziamento particolare ai miei genitori i quali con sacrificio ma con la
più grande generosità mi hanno sostenuto nella strada della mia vocazione, la
mia sorella Giovanna che mi è stata tanto vicina specie dopo la morte dei
nostri genitori, un saluto affettuoso ai nipoti. Chiedo perdono a quanti avessi
fatto soffrire, non porto rancore per possibili offese ricevute. Mi
accompagnino al momento estremo della mia vita i miei vescovi mons. Beniamino
Ubaldi e mons. Cesare Pagani in cui ho ammirato la grande fede e la grande
dedizione pastorale. Un saluto ricco di stima e di gratitudine per il mio
predecessore card. Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze, responsabile in
primis della mia nomina a vescovo. Un grazie fraterno a don Mario Ceccobelli,
mio successore, che fin dall’inizio con grande generosità e evangeliche premure
mi ha accolto con sé dopo le mie dimissioni, dandomi la possibilità di vivere
una calda vita familiare al centro della vita diocesana e assumendosi
serenamente il peso della mia vecchiaia, dando alla diocesi bella testimonianza
di carità. Esprimo infine la mia piena comunione di fede e di carità con il
successore di Pietro e i confratelli vescovi del Collegio Apostolico che
continuano nel mondo la missione salvifica di Gesù Buon Pastore con fedeltà e
coraggio nella successione degli Apostoli».
Nella
sua ultima settimana, quasi a coronamento della sua intensa vita, ha avuto la
gioia di due incontri. Mercoledì 18 gennaio la superiora generale delle
Missionarie della Scuola, la prof.ssa Carmela Di Agresti e la prof.ssa Di Marco
lo hanno salutato e gli hanno annunciato la prossima apertura, nella nostra
città, delle attività dell’università Lumsa, da loro fondata a Roma. Un
progetto che nel corso degli anni ha incontrato molti ostacoli, ma che ora a
breve inizierà con i corsi di alta formazione per laureati delle università
europee. Di questa notizia Pietro ha gioito profondamente; è stata per lui una
grande consolazione. Nei
giorni della sua agonia sono ripetutamente venute a pregare per lui le Monache
di Betlemme, la comunità monastica che lui ha accolto nella nostra diocesi e
che ha accompagnato fin dai primi anni della loro vita. Posso
affermare che queste due visite sono state l’ultima carezza per il bene
seminato. Ora
Pietro, accolto da sant’Ubaldo, ha raggiunto la Patria, e noi lo contempliamo
nei cieli nuovi e nella terra nuova di cui ci ha parlato Giovanni nella prima
lettura: “Ecco
la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo
popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. “E tergerà ogni lacrima dai loro occhi;
non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di
prima sono passate”. È
questa la dimora che Dio ha preparato per i suoi figli, il cui passaggio ci è
stato aperto da Gesù con la sua morte e risurrezione. Infatti nel brano
evangelico poco fa proclamato l’evangelista Marco ha raccontato come le donne,
andate al sepolcro la mattina presto con gli oli per ungere il corpo di Gesù,
trovano la tomba vuota e un angelo che annuncia loro: «Non abbiate paura! Voi
cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove
l’avevano posto». Questo
è il grido di speranza che la Chiesa proclama da venti secoli, che ha proclamato
Pietro e che sarà ripetuto fino alla fine del mondo. Un
giorno ci ritroveremo tutti in quella Patria per vivere la vita vera e la gioia
piena che non avrà più fine.
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