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  25/12/2016 23:06


Perugia, al “Pranzo di Natale” con 165 ospiti di sedici nazionalità diverse il cardinale Bassetti: «Abbiamo ricomposto quasi tutta la famiglia abramitica… Oggi Abramo gioisce dal Cielo». I racconti di storie “forti” di vita di giovanissimi profughi riassumono le sofferenze di migliaia di persone che trovano nel Natale la speranza di rinascere da guerre, persecuzioni e fame



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«Abbiamo ricomposto quasi tutta la famiglia abramitica… Oggi Abramo gioisce dal Cielo perché non fa distinzione con i suoi figli, li vede tutti qui riuniti». Così il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha commentato il tradizionale “Pranzo di Natale”, che la Caritas di Perugia-Città della Pieve promuove da quindici anni, il 25 dicembre, offerto dallo stesso presule alle persone in difficoltà accolte durante l’anno nelle strutture caritative diocesane. A “Villa Sacro Cuore”, la struttura alberghiera diocesana, erano in 165 a tavola tra italiani e di altre sedici nazionalità (Afghanistan, Albania, Argentina, Camerun, Cina, Costa d’Avorio, Ecuador, Gambia, Ghana, Iraq, Macedonia, Marocco, Nigeria, Pakistan, Romania e Senegal), ospitati durante l’anno al “Villaggio della Carità-Sorella Provvidenza” e alla Casa di prima accoglienza “Sant’Anna dei Servitori”. Non potevano mancare i fruitori quotidiani del Punto di Ristoro Sociale Comune-Caritas “San Lorenzo”, i profughi e le famiglie migranti del “Progetto diocesano per l’accoglienza di immigrati richiedenti asilo”.

 

Il Natale insieme è un piccolo segno non risolutivo dei problemi, ma intanto… ci fa stringere le mani…

«Quanto sono belli questi bambini e una di loro, che ho accarezzato, è nata su un barcone mentre andava verso Lampedusa. Sarebbe interessante rileggere le storie di queste persone», ha commentato sempre il cardinale Bassetti intrattenendosi con alcuni giornalisti prima di sedersi a tavola. «Chi ha attraversato il deserto dell’Africa, chi è venuto dal Pakistan con dei mezzi di fortuna – ha detto il porporato –. Oggi sono felice perché la mia famiglia diocesana si è ricomposta. Ci sono le famiglie di Perugia in difficoltà, i profughi, gli immigrati e gli amici della Caritas che fanno festa con tutti gli ospiti. Trascorrere il Natale insieme è un piccolo segno non risolutivo dei problemi di questa gente, ma intanto ci dà un’esperienza di vita che ci fa conoscere, ci fa essere amici, ci fa stringere le mani e ci fa abbracciare fra di noi. Questo è già quel grande dono che Dio fa attraverso il Natale, che dona la sua pace e il suo amore a tutti gli uomini».

 

Tra le storie “forti” di vita di giovanissimi profughi raccontate a tavola, tra una portata e l’altra di un menù rigorosamente natalizio e nel rispetto delle diverse religioni, quella di un bambino di nove anni sbarcato a Lampedusa con la mamma. «Alì, una volta arrivato nella struttura di accoglienza della Caritas e entrando nella camera da letto – ha raccontato l’assistente sociale Stella Cerasa –, voleva dormire sull’armadio, il posto più sicuro ed illuminato, perché pensava che in quella camera sarebbero arrivate tante altre persone, come nel barcone che l’ha portato in Italia… Alì aveva tanta paura di essere schiacciato». Sempre l’assistente sociale del “Progetto diocesano per l’accoglienza di immigrati richiedenti asilo” ha raccontato la storia di tre bambini e dei loro genitori, tutti salvati da una nave nel Mediterraneo ma una volta giunti a Lampedusa i minori con le mamme hanno poi raggiunto Perugia, mentre i loro tre papà sono stati portati in Sardegna. Adesso questi bambini attendono di ricongiungersi con i loro papà e se questo potesse avvenire nel periodo natalizio sarebbe un bel dono.

 

Cristiani e non cristiani sanno che è Dio che dà la pace.

«Siamo tutti qui perché vogliamo essere uomini e donne di buona volontà – ha commentato ancora il cardinale Bassetti –, perché vogliamo accogliere quella pace che è dono di Dio, che noi cristiani crediamo che ci è stata donata nel Natale, ma tutte le persone di buona volontà, anche di religioni diverse, sanno che è Dio che dà la pace. Vi auguro di trascorrere con gioia questa giornata in cui ci ritroviamo insieme, anche con alcune famiglie di Aleppo, città-simbolo della cattiveria della guerra completamente distrutta per colpa dell’odio. Sono contento che oggi il Signore ci ha radunati per questo pasto che vogliamo condividere nella fraternità e sia benedetto il Signore».

 

Vive spazi comuni da persone di diverse culture e religioni… una capacità impressionante di relazionarsi.

«La prima impressione che si coglie venendo oggi a “Casa Sacro Cuore” – ha evidenziato il diacono Giancarlo Pecetti, direttore della Caritas diocesana – è la presenza di persone provenienti da diverse nazioni, da occidente ad oriente, e di vedere come queste persone, che ormai si conoscono, stanno bene insieme pur vivendo in strutture diverse. E’ un momento conviviale molto importante che si tiene in questo giorno in cui il Signore ci richiama alla pace, alla comunione tra di noi per poter conoscere ancor più queste persone e poterle salutare e augurare loro anche un buon anno 2017. Questo momento è importantissimo, perché tanti di loro sono alla ricerca di un lavoro e di una casa, di un futuro certo. Noi ci auguriamo che nel 2017 l’economia possa riprendersi, sostenuta da politiche governative che diano la possibilità lavorativa e la certezza economica a tante persone che sono drammaticamente provate dalla loro situazione di vita così incerta. Natale è anche speranza per tutta questa gente. Il nostro pranzo comunitario, che vede insieme persone di sedici nazionalità diverse, è la sintesi di quanto si vive ogni giorno al “Villaggio della Carità”, come in altre strutture di accoglienza, dove gli spazi vengono condivisi da persone che provengono da Paesi diversi. Questo è impressionante per la capacità di relazionarsi tra loro pur provenendo da culture e tradizioni diverse, ad iniziare dai differenti modi di cucinare. Per noi italiani tutto questo è di insegnamento». Al pranzo di Natale” c’era anche una rappresentanza di operatori e ospiti del Centro internazionale di accoglienza-Ostello della gioventù, la prima opera di ospitalità della Chiesa perugina rivolta a persone italiane e straniere in difficoltà, fondata quasi mezzo secolo fa da mons. Elio Bromuri, oggi conosciuto come l’“Ostello di don Elio”. Mons. Bromuri partecipava a questo “Pranzo di Natale” con il suo “stile” di saper ben coniugare carità e cultura attraverso lo spirito ecumenico ed interreligioso che ha caratterizzato il suo ministero sacerdotale. «Don Elio era unico – ha sottolineato Maria Teresa Di Stefano, attuale coordinatrice dell’Ostello –, noi ci proviamo a continuare con il suo stesso spirito anche se è molto difficile. Oggi ci sono tante persone dalla nazionalità diversa e non mi meraviglio che sia così, perché il Natale è universale nel diffondere il suo messaggio di pace e di salvezza a tutti gli uomini di buona volontà. Anche all’“Ostello di don Elio” giungono ogni anno moltissime persone provenienti da Paesi diversi. E’ un’ulteriore testimonianza di una Chiesa che accoglie tutto l’anno uomini e donne in difficoltà dalla differente cultura e religione».

 

 

A margine del “Pranzo di Natale”, promosso dalla Caritas di Perugia il 25 dicembre a “Villa Sacro Cuore” per 165 ospiti delle strutture diocesane di accoglienza, il cardinale Gualtiero Bassetti, ai microfoni di UmbriaJournalTv, ha commentato anche le parole abbastanza dure di papa Francesco avute nei confronti del Natale troppo consumistico.

«Il Natale non è qualcosa di dolciastro – ha detto il porporato –, è un impegno perché il Figlio di Dio ha preso su di sé la nostra umanità e se noi non ci prendiamo a carico i nostri fratelli non faremo mai il Natale. Il Papa ha ragione a richiamarci tutti ad essere più sobri e più solidali e, soprattutto, a condividere le difficoltà e le sofferenze del prossimo affinché siano meno pesanti. Questa mattina, alla messa del giorno di Natale in cattedrale, trovandomi davanti a tante famiglie di perugini, non potevo non pensare a quelle che non arrivano alla fine del mese e ai giovani che non hanno il lavoro. Sono ingiustizie che non sono più occasionali, marginali, ma sono strutturali e bisogna avere veramente il coraggio di cambiare un sistema che non voglio dire che è iniquo - non sono un politico e non ho le capacità per giudicare -, ma certamente l’attuale sistema non porta quei frutti che sono necessari per il bene comune, che è il bene di tutti, cominciando dalle famiglie».




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