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  25/12/2016 12:54


L’Arcivescovo di Spoleto-Norcia ha celebrato il Natale tra i terremotati della Valnerina Mons. Boccardo: «Noi non siamo certo qui a celebrare il Natale per dimenticare, per evadere momentaneamente dalla paura del terremoto, dalla tristezza, dall'angoscia che ritma i nostri giorni, dal pensiero di un futuro che si presenta ancora incerto e indefinito



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La Notte di Natale, a quattro mesi esatti dal 24 agosto data della prima forte scossa di terremoto che ha sconvolto l’Italia centrale, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, ha presieduto la Messa a Norcia nella tensostruttura adibita a Centro Pastorale. Ha concelebrato il parroco don Marco Rufini. C’era il sindaco Nicola Alemanno, diversi fedeli e numerosi Vigili del Fuoco, membri delle forze dell’ordine, dell’esercito, volontari della Caritas e della Croce Rossa. Una celebrazione semplice e al tempo stesso intensa. «Noi non siamo certo qui – ha detto mons. Boccardo nell’omelia - a celebrare il Natale per dimenticare, per evadere momentaneamente dalla paura del terremoto, dalla tristezza, dall'angoscia che ritma i nostri giorni, dal pensiero di un futuro che si presenta ancora incerto e indefinito. Non siamo qui per far finta che non ci sia intorno a noi, e un poco anche dentro di noi, tanto buio e tanto vuoto. Siamo qui per riascoltare ciò che i pastori hanno visto e ascoltato e hanno raccontato prima di noi; siamo qui per vedere la luce che è apparsa nelle tenebre. Quanto ne abbiamo bisogno! Perché siamo tutti mendicanti di speranza e di forza: speranza che diventi compagna di viaggio e ci faccia guardare avanti con fiducia; forza che dal di dentro ci motivi per una autentica ricostruzione umana, morale e materiale». Poi, un passaggio sulle macerie e su una possibile rinascita: «È vero – ha detto mons. Boccardo - che guardare le rovine delle nostre case e delle nostre chiese stringe il cuore, è vero che la tentazione di rinunciare tante volte sembra avere il sopravvento sulla voglia di ricominciare, è vero che l’attesa di risposte e soluzioni concrete ed efficaci diventa snervante e la sfiducia è continuamente in agguato... Ma è altrettanto vero che questo Natale vissuto nelle difficoltà che ben conosciamo può segnare anche l’inizio di una rinascita interiore, fatta di fiducia ritrovata, di accoglienza reciproca, di collaborazione, di aiuto generoso e disinteressato». Il pensiero del Presule è andato anche a chi si è fatto prossimi alle popolazioni della Valnerina: «Siamo tutti testimoni ammirati e riconoscenti di tanta solidarietà e fraternità che in questi mesi ci ha accompagnato e quasi avvolti come in un abbraccio. Come non ricordare qui – ha proseguito - e ringraziare le Istituzioni, i Vigili del fuoco, la Protezione Civile, l’Esercito, le Forze dell’Ordine, la Croce Rossa, le Misericordie, la Caritas italiana e diocesana, tutte le Associazioni e le persone che in modi diversi hanno condiviso e sostenuto la fatica quotidiana di tanti. Anche grazie a queste presenze così significative e feconde è possibile ripartire e guardare al futuro: la gente della Valnerina deve poter ritrovare quanto prima una vita sicura e dignitosa, e ciò si realizzerà con il ritorno alla propria casa e al proprio lavoro, senza inutili lungaggini e passaggi burocratici che rallentino il cammino. La certezza di essere amati da Dio come suoi figli ci da la carica necessaria per superare il momento difficile e l’inquietudine che ci attanaglia. Anzi, proprio questa inquietudine potrebbe essere letta come un indizio e un segnale che c'è una via d'uscita, che l'inquietudine può venire sanata non da un modo diverso di rimescolare le carte, bensì da uno sguardo più alto, che vede e valuta le cose e gli avvenimenti alla luce che viene da Betlemme e propone valori nuovi, relazioni autentiche, aperture di credito a una forza capace di spalancare i cuori e di rinnovare gli entusiasmi. Proprio questa notte ci induce a sognare un’esistenza rinnovata, una politica con più fiato, una maggiore attenzione a chi ci sta accanto, una più grande fiducia nelle istituzioni, meno egoismi privati e maggior coraggio pubblico, l'apparire di prospettive in grado di giustificare i sacrifici che facciamo e che sono, in qualche modo, inevitabili».

Il giorno di Natale, domenica 25 dicembre, mons. Boccardo, dopo aver celebrato Messa tra i malati terminali accolti all’Hospice di Spoleto, si è recato nuovamente in Valnerina per condividere le celebrazioni del Natale con la gente di altre due zone della Valnerina molto colpite dal terremoto: al mattino a Cascia e nel pomeriggio a Preci.

A Cascia la Messa si è tenuta nella tensostruttura di Piazza Dante. L’Arcivescovo è stato accolto dal parroco don Renzo Persiani dal sindaco Gino Emili e da numerosi fedeli. Nell’omelia mons. Boccardo ha detto che «il terremoto ha come polverizzato le certezze di una vita normale, le conquiste realizzate con anni e anni di lavoro e sacrifici, le speranze riposte in progetti per il domani. E poiché l’attualità non prova alcuna pietà, nemmeno in presenza di tragedie simili, la cronaca documenta continuamente fatti sconcertanti, richiamando l’attenzione su miserie di ogni sorta: guerre e conflitti in varie parti del mondo, viaggi della fortuna e sbarchi di immigrati, episodi di violenza e criminalità varia, incertezze di ordine politico, economico e finanziario a livello nazionale ed internazionale. È come se quell’ammasso di sassi volesse seppellire anche le ragioni della speranza. Tuttavia, negli incontri e nelle interviste ai terremotati trasmesse da radio e televisione e riportate sui giornali, è apparsa la loro dignitosa reazione, la dichiarata volontà di restare ancorati alle proprie origini e la determinazione nel richiedere ogni sostegno necessario per la ricostruzione, senza sottrarsi a collaborarvi in prima persona. E anche noi uniamo la nostra alla loro voce per rinnovare l’impegno e sottolineare l’urgenza di una ricostruzione morale e materiale: morale, che faccia a tutti ritrovare fiducia e determinazione; materiale, che a tutti restituisca una vita sicura e dignitosa».




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