Con
«un pezzetto di Amatrice» tra le mani, il cardinale Gualtiero Bassetti ha
formulato i suoi auguri natalizi ai collaboratori di Curia, degli Uffici e dei
Servizi diocesani, lo scorso 23 dicembre, durante il tradizionale incontro
nell’arcivescovado di Perugia. Il «pezzetto di Amatrice» è una parte di tegola
di una casa distrutta dal terremoto, che fa da «grotta-riparo» alla Santa
Famiglia di Nazareth. E’ un piccolo presepe realizzato dagli abitanti di
Amatrice e donato al cardinale Bassetti con un messaggio di speranza: “Queste
tegole ci hanno protetto dalla neve e dal vento, ci hanno offerto ombra nelle
caldi estate, protezione e rifugio durante la notte. Per secoli sono state
copertura delle nostre case e dei nostri antenati. Ora sono solo macerie …
Questo presepe, protetto dalle tegole di Amatrice, vuole essere, in questo
Natale, simbolo di speranza per una nuova nascita”.
Il cardinale ha messo al centro del suo discorso augurale la «speranza» e l’ha
fatto anche nell’editoriale de La Voce, nell’ultimo numero del 2016 dal
titolo “Norcia e Aleppo una Speranza di Natale”, nel video-messaggio YouTube di Umbria
Radio e nell’intervista rilasciata al TG3 Rai Umbria del
prossimo “Buongiorno Regione”. Ha voluto affidare anche ai media «la gioia di
comunicare l’importanza che Gesù Cristo nasca in ciascuno di noi – ha detto il
porporato –, perché è la speranza ed è la salvezza del mondo».
Cristo
è nato e per chi vuole continua a nascere.
Ricordando
l’evento sismico, che ha profondamente segnato la vita di migliaia di persone
nell’Italia centrale dallo scorso 24 agosto, il cardinale ha parlato di
«macerie dalle quali la gente terremotata è convinta che possa rinascere la
vita». E’ un auspicio-sentimento che il presule ha colto durante la recente
visita dei vescovi umbri alle zone colpite di Norcia e Preci. «La vita ha
sempre una possibilità di rinascita, di speranza – ha detto Bassetti ai
collaboratori di Curia – ed è questo il significato del Natale. La vita
continuamente rinasce perché il Verbo di Dio si è fatto carne. Noi troviamo
questa capacità rigenerativa anche nelle creature dopo aver subito una grande
distruzione, dalle ceneri di un incendio alle macerie di un terremoto può
rinascere la vita. Cristo è nato e per chi vuole continua a nascere».
Burocrazia
accentuata e scontro politico aspro vanno contro la povera gente.
Riflettendo
sulla ricostruzione post-terremoto, ma anche sulla situazione sociale e
politica del Paese, il cardinale ha sottolineato che «oggi l’Italia si sta
perdendo in una burocrazia troppo accentuata e lo scontro politico è molto
aspro; tutto questo va contro la povera gente. Il mio augurio di Natale è che
si riprenda il dialogo fra tutti, perché succede, purtroppo, che le disgrazie
invece di unirci finiscono per dividerci. Che si tenga conto delle “periferie”,
come continua a dire papa Francesco, che non sono soltanto dei luoghi lontani,
ma anche tutti i disagi della povera gente, con un modo diverso di guardare il mondo
da parte di tutte le Istituzioni, incluse quelle religiose».
Non
temere il diverso.
«Noi
abbiamo troppo paura del diverso, che può essere il profugo o colui che non ha
lavoro, omologando in qualche modo tutti. Invece bisogna contrapporre ai muri,
che anche l’Europa sta costruendo, i ponti, il dialogo e l’accoglienza che non
è qualcosa di indiscriminato. Occorre aiutare le persone in difficoltà nei loro
Paesi e a dircelo fu Giovanni Paolo II: “Aiutiamo questi fratelli, con
politiche adeguate, a svilupparsi anche a casa loro”. Certamente, se qualcuno è
costretto a fuggire per guerre, violenze, persecuzioni e fame, noi dobbiamo
accoglierlo come insegna il Vangelo: “Ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt
25, 35)».
Preoccupazione
per disoccupazione e crisi economica che rallentano la ripresa.
Occorre
accogliere il prossimo aiutandolo anche ad integrarsi, ha ricordato sempre il
cardinale, che in queste festività natalizie dà il “benvenuto” in arcivescovado
a ospiti e visitatori con un presepe realizzato nell’atrio del palazzo da
alcuni giovani profughi accolti nelle strutture della Caritas diocesana. E
pensando a tutti i giovani, italiani e stranieri, il porporato non ha potuto
non soffermarsi sulla disoccupazione e sulla crisi economica. «In questi giorni
di Natale a Perugia come ad Assisi e in altri centri della regione – ha detto –
vediamo il vuoto nelle piazze, si percepisce una festa con una tonalità minore
dovuta anche al terremoto e alla difficile situazione in generale. Di tutto ciò
non possiamo non preoccuparci. La luce di Cristo che nasce è la risposta alle
tenebre del mondo anche se queste non l’hanno accolta, ma c’è sempre chi
accoglie la Luce, questa presenza viva del Natale».
“Norcia
e Aleppo una speranza di Natale”.
Il
pensiero conclusivo augurale il cardinale Bassetti l’ha riservato a Norcia e
Aleppo, due città lontane, ma «legate insieme da un destino comune per migliaia
di famiglie. Che non è soltanto la vicinanza del dolore. Ma è qualcosa di più
profondo che ci annuncia il significato autentico del Natale – ha scritto
nell’editoriale de La Voce –. Per prima cosa è la presenza dell’humanitas.
Tutte le città, di tutto il mondo e di tutte le epoche, come Betlemme e
Gerusalemme ai tempi di Gesù, e come Norcia e Aleppo del 2016, non sono
soltanto dei “cumuli occasionali di pietra” ma, come diceva Giorgio La Pira,
sono “un luogo dell’anima”… Eppure, mai come oggi, proprio in questi giorni che
precedono il Natale, a Norcia così come ad Aleppo, non bisogna assolutamente
perdere la speranza».
Il
cardinale ha salutato i suoi collaboratori ricordando che «il Natale è per noi
una speranza consolidata. Per questo Gesù deve nascere in ciascuno di noi, deve
nascere come duemila anni fa a Betlemme».
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