Domenica
22 maggio in molte parti del mondo è stata celebrata la memoria liturgia di
Santa Rita da Cascia, insieme a S. Francesco la santa umbra più venerata nel
mondo. E nei luoghi dove è nata e vissuta, ovvero Roccaporena e Cascia, davvero
tanti i pellegrini che vi sono saliti per rendere omaggio alla Santa dei casi
impossibili, a quella Santa “gigante di normalità”, come ama definirla
l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo. Le piccole viuzze di
Cascia che salgono verso il Santuario erano traboccanti di devoti; la strada
per Roccaporena era bloccata dai pullman; file interminabili per passare
dinanzi all’urna della Santa e per salire allo Scoglio della preghiera. Le
celebrazioni si sono avviate col transito (ricordo della morte) di Santa Rita
presieduto, nel pomeriggio di sabato 21 maggio, dall’arcivescovo Boccardo nella
Basilica. Poi, la sera, c’è stato il rientro della fiaccola della pace e del
perdono accesa a Buenos Aires, in Argentina, lo scorso 25 aprile e benedetta da
papa Francesco al termine dell’udienza generale di mercoledì 18 maggio: è
giunta a Cascia dopo essere stata “pellegrina” in varie città dell’Umbria e con
essa è stato acceso il grande tripode posto sul sagrato della Basilica. C’era
anche una delegazione del santuario di Santa Rita di Buenos Aires. Domenica
22 maggio, il solenne pontificale è stato presieduto dal card. Giuseppe
Bertello presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e
membro del C9, ovvero il gruppo di nove cardinali che coadiuva papa Francesco
nel governo della Chiesa universale. Col Porporato hanno concelebrato: mons.
Boccardo, da padre Joseph Farrell vicario generale dell’Ordine di S. Agostino,
da padre Luciano De Michieli provinciale della Provincia italiana degli
agostiniani, dai padri agostiniani del santuario casciano e dai sacerdoti della
zona di Cascia. Nell’omelia Bertello così si è rivolto ai devoti: «Mi sono
fatto pellegrino con voi per deporre ai piedi di Santa Rita tutte le nostre
preoccupazioni e i nostri desideri. Oggi – ha proseguito – il pensiero
dominante ci spinge a chiuderci in noi stessi. Chiediamo allora a Rita di
aiutarci a far sì che il nostro cuore sia aperto verso gli altri, sia solidale,
accogliente, pregno di perdono e di amore». Alla
Messa, oltre ai tantissimi fedeli e alle autorità civili e militari - tra cui
il sottosegretario al Ministero dell’Interno Gianpiero Bocci, la presidente
della Giunta regionale dell’Umbria Catiuscia Marini e il sindaco di Cascia Gino
Emili – c’erano anche le donne del Riconoscimento internazionale Santa Rita
2016, la cui vita è vicina nell’esempio a quella della santa di Cascia: Angela
Sorrentino, Margaret Karram, Suor Carolina Iavazzo, Elena Maximova, Vincenza
Riccetti. La prima, Angela Sorrentino, è impegnata nel gruppo Caritas della
parrocchia di S. Gerlando di Lampedusa che ogni giorno tende la mano ai tanti
profughi in cerca di una speranza nel futuro: ha donato all’arcivescovo
Boccardo una croce realizzata col legno di uno dei barconi carichi di profughi
affondati al largo dell’isola siciliana. Il Presule spoletino, poi, ogni anno
propone una donna della Diocesi a lui affidata da premiare. Quest’anno la
prescelta è stata Vincenza Riccetti di Trevi, nata nel 1948, sposata, due
figli, cinque nipoti. La vicenda umana e spirituale di questa donna nasce e si
sviluppa all’ombra dell’Istituto “Mons. Pietro Bonilli” di Trevi, opera di
carità fondata dal Bonilli stesso e che accoglie donne disabili: apprende dal carisma
Bonilli l’arte di servire e lo spirito della vera carità evangelica. L’Istituto
diventerà la seconda casa di Vincenza: prima vi ha lavorato per anni come
cuoca, ora vi svolge servizio di volontariato. Negli anni “si è innamorata” di
queste figlie disabili – oggi donne adulte - che sono diventate gradualmente
parte della sua stessa famiglia. Lei, infatti, non fa nessuna differenza tra
loro e i suoi figli naturali, tanto che nei momenti di festa la maggior parte
di esse le porta in casa sua. Vincenza trasmette l’arte del servizio anche ai
suoi familiari e agli amici. Ma non si limita a servire queste figlie
disagiate, ma per chiunque si trovi in difficoltà lei è punto di riferimento:
tante le notti che trascorre in ospedale ad assistere anziani soli; molti i
servizi alle persone malate e sole; numerose le ore “spese” al servizio degli
extracomunitari. L’elenco potrebbe certamente continuare. Quello di Vincenza è
un servizio a tutto campo: riesce a coniugare il suo essere moglie, mamma e
nonna con un particolare sguardo alle difficoltà della gente. Il filo rosso che
attraversa la sua vita è il passo del Vangelo di Matteo “…quando tu fai
l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua
elemosina resti segreta”. Cos’è allora che accomuna Vincenza a Santa Rita? La
preghiera semplice e nascosta; la dedizione alla famiglia e alla Chiesa; la
sollecitudine nell’aiutare il prossimo; l’essere donna di mediazione. Tutte
qualità che Rita ha incarnato nel suo tempo.
Infine,
la festa di Santa Rita 2016 è coincisa con l’uscita del libro “Ieri, oggi,
domani. La presenza viva di Santa Rita” di sorella Maria Elisabetta Patrizi,
Oblata Francescana, promosso dal santuario di Santa Rita in Roccaporena di
Cascia, edito dalla Tau Editrice di Todi e in vendita nelle librerie. «Si
tratta - come ha scritto nella presentazione mons. Giovanni Scanavino, vescovo
emerito di Orvieto-Todi - di una specie di Summa ritiana (624
pagine, con appendice fotografica), dove è raccolto pazientemente, ma penso
anche faticosamente, tutto quello che è stato detto e scritto sulla storia e
sulla santità di Rita da Cascia. [...] Mentre prendevo visione della ricchezza
dei temi di questa raccolta, mi sono chiesto anch’io più volte qual è il
fondamento di tanta devozione, su quali documenti si può basare, quali ricerche
dobbiamo ancora fare. Credo che questa raccolta segni un termine, oltre il
quale non sia più possibile andare». Nella prefazione l’arcivescovo di
Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo scrive: «Auspico che questo scritto aiuti
tutti coloro che si accostano alla figura di Santa Rita ad accoglierne
generosamente l’insegnamento e ad imitarne sapientemente l’esempio».
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