l
cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha celebrato nella cattedrale di San
Lorenzo in Perugia, il 1° maggio, il Giubileo diocesano del mondo del lavoro.
I rappresentanti delle organizzazioni cattoliche dei lavoratori con le loro
famiglie si sono ritrovati in piazza Matteotti per la preghiera giubilare
iniziale guidata da mons. Fausto Sciurpa, direttore dell’Ufficio diocesano per
i problemi sociali e il lavoro. In piazza sono stati salutati dal cardinale
Bassetti, che li ha poi accolti in San Lorenzo al termine del loro
pellegrinaggio penitenziale con l’attraversare la Porta Santa e il
confessarsi. Tra i confessori c’era anche il cardinale Bassetti, che
nell’omelia ha richiamato l’attenzione dei fedeli su tre espetti del lavoro:
Il lavoro a servizio dell’uomo e l’uomo non a servizio del lavoro; la
fragilità sociale dovuta dal perdurare delle crisi economica con gravi
ricadute sull’occupazione; il rapporto “lavoro-famiglia” vissuto come una
risorsa educativa.
Il
porporato ha esordito nell’omelia ricordando la festa liturgica di san
Giuseppe artigiano, che la Chiesa celebra il 1° maggio, e l’ha fatto citando
le parole di san Giovanni Paolo II: «Con la sua operosità silenziosa nella
bottega di Giuseppe, Gesù offrì la più alta dimostrazione della dignità del
lavoro».
«Innanzitutto,
bisogna avere la piena consapevolezza che il lavoro è a servizio
dell'uomo e l'uomo non è a servizio del lavoro – ha evidenziato il
cardinale –. Il lavoro non può essere ridotto a pura tecnica o a mera ricerca
del profitto "costi quel che costi" perché il lavoro ha una
dimensione esistenziale che parla al cuore dell'uomo. Nel lavoro, infatti, il
soggetto principale è sempre la persona umana: con le sue aspirazioni e i
suoi limiti, i suoi progetti e le sue fatiche, i suoi desideri e i problemi
che la tormentano. Il lavoro, pertanto, non può mai essere sganciato da
questa dimensione, al tempo stesso, umana e sacrale della persona e non può
essere mai ridotto soltanto ad una dimensione utilitarista o, peggio ancora,
di sfruttamento dell'uomo sull'uomo. San Giovanni Paolo II considerava una
grazia del Signore essere stato un operaio e di aver potuto sperimentare sulla
sua pelle le difficili condizioni della fabbrica. Papa Francesco ha
denunciato in ogni modo l'iniquità e l'iniquità di "un'economia che
uccide" e ha ricordato in più occasioni e con grande forza il legame
strettissimo che unisce il lavoro e la dignità della persona. Al lavoro,
dunque, sono inscindibilmente connessi una dignità e un valore che non devono
mai e in nessun modo essere calpestati».
Nel
soffermarsi sulla «perdurante crisi economica», il presule ha sottolineato
quanto oggi «la nostra società, al di là di ogni apparenza, è
attraversata da nuove povertà e soprattutto da una intrinseca fragilità… Una
fragilità che si riverbera in modo preoccupante sulle nuove generazioni. Non
possiamo chiudere gli occhi, infatti, davanti alla precarietà lavorativa a
cui sono costretti i nostri giovani. Si tratta, è importante dirlo con
chiarezza, di una precarietà iniqua che ferisce mortalmente l'anima di questi
giovani. E proprio per la gravità di questa situazione, occorre l’impegno di
tutti, istituzioni e imprenditori, a contrastare il precariato che impedisce
a tanti giovani di realizzare il proprio progetto di vita».
Sul
“rapporto lavoro-famiglia” il cardinale ha speso queste parole: «La famiglia
rappresenta la chiave di volta di tutta l'organizzazione sociale e lo
specchio dello stato di salute della nostra società. Per una famiglia,
infatti, il lavoro non è soltanto il sostentamento - che è ovviamente
fondamentale - ma è anche una risorsa educativa, un'occasione di crescita
comunitaria, di maturazione nella collaborazione e nella condivisione. Due
aspetti sono cruciali nel rapporto tra lavoro e famiglia. Il primo riguarda
l'assenza del lavoro. Il secondo si riferisce alla dimensione del tempo. Una
famiglia dove manca il lavoro è un realtà dove manca l'armonia e il pane.
L'assenza di lavoro nelle famiglie è un autentico dramma sociale che
constato con mano ogni giorno della mia vita di pastore. Le lacrime delle
donne e degli uomini che non hanno un'occupazione o che l'hanno persa, sono
le lacrime di Gesù. Sono le lacrime del Padre verso i figli. Verso quei figli
che pensano di essere dei falliti e che in alcuni casi, disperati, giungono
perfino a togliersi la vita. Tutto questo è inaccettabile. E in quest'anno
giubilare, dove giustizia e misericordia si fondono insieme, questo dramma
non può passare in secondo piano. Il secondo aspetto è la dimensione del
tempo. Siamo nella situazione opposta: quella in cui le famiglie vivono per
il lavoro e assomigliano a dei "nomadi produttivi". Nella maggior
parte dei casi sono "costretti" da orari di lavoro sempre più
oppressivi e stressanti. In altri casi, sono conquistati dal desiderio del
successo e dalla volontà di affermazione. In entrambi i casi bisogna fermarsi
un attimo a riflettere. Perché occorre fare grande attenzione al tempo e alla
qualità del tempo che si dedica alla famiglia. Le relazioni umane vanno
coltivate, vanno fatte crescere con amore e dedizione e soprattutto hanno
bisogno del tempo di Dio, della preghiera comune, del discernimento
comunitario e della festa. Non possiamo dimenticarci del tempo della festa!
Una festa che va riumanizzata e santificata».
«L'Anno
giubilare – ha concluso il cardinale Bassetti – ci esorta dunque ad una
riscoperta del significato profondo del valore del lavoro. Ci invita, ad
impegnarci per risanare le ingiustizie presenti nel mondo del lavoro. E ci
chiama a salvaguardare, sempre, la dignità della persona umana».
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